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L´indecenza dei 6 euro l´ora e di uno Stato caporale, l´idea: "Un Decalogo per i Colleghi candidati"

EDITORIALE -Tempo di crisi. Di una crisi dalla quale non si riesce più ad uscire, nonostante le mirabolanti promesse di una classe politica che si prepara alle elezioni, e le sue rassicurazioni di maniera.

Ma, intanto, è una crisi che sta umiliando, e da tempo, il lavoro di tantissimi italiani, compresi quelli, come i professionisti e, tra questi, gli avvocati, che hanno investito, nel corso degli anni, un immenso patrimonio di impegno, fatica e studio per poter conseguire prima una laurea, quindi una abilitazione, ed ancora per introdursi, con anni di praticantato, e poi con i primi passi nei propri studi, in un mondo complesso, irto di difficoltà, anche finanziariamente impegnativo.

Per poi...per poi alla fine giungere ad essere pagati dai propri clienti -ed è un miracolo quando questo avviene - quanto o addirittura meno di una collaboratrice domestica, 6 euro l´ora!

Adesso, quantomeno, la denuncia di questo inaccettabile stato di cose non arriva da un parlamentare dell´opposizione, o dal rappresentante di un movimento forense polemico - magari - con tutti coloro che, in questi decenni, hanno di fatto consentito tale situazione, lucrando, e parecchio, sul proliferare di schiere di avvocati ed incassando enormi risorse dalle università, dalla formazione e dall´acquisto di libri di testo, di manuali e di codici, di articoli per la professione, ultimamente anche di crediti formativi, in aula e in e.learning.



Questa volta la denuncia arriva direttamente dagli Ordini, a dimostrazione del fatto che la situazione è ormai incontrollabile.

A Bari gli avvocati sono pagati a volte «circa 6 euro all´ora, meno di quanto nella nostra città si riconosce a collaboratori domestici e dogsitter». Lo ha detto papale papale Giovanni Stefanì, presidente dell´Ordine degli Avvocati di Bari, nel suo intervento in occasione della cerimonia di inaugurazione dell´anno giudiziario nel capoluogo pugliese.

Le sue affermazioni sono state riprese dei grandi giornali, e tra questi dal Corriere del Mezzogiorno:

«Nel distretto barese - ha detto Stefanì - la situazione è mortificante su tutti i fronti: dagli organici della magistratura e del personale di cancelleria allo stato in cui versano i tribunali, dai tempi dei processi agli onorari legali. Su questo punto va evidenziato, purtroppo, che nel foro barese non manchino casi in cui, soprattutto per giudizi con patrocinio a spese dello Stato, siano state riconosciute liquidazioni di spese legali per il lavoro svolto mortificanti».



Il presidente del Coa ha parlato di Bari, e allora diciamo che gli avvocati, nelle regioni del centro-nord, guadagnano anche molto meno di collaboratrici domestiche e dogsitter, perché un voucher delle prime o il compenso dei secondi supera ampiamente la somma menzionata dal Presidente del Coa barese, rendendo, pertanto, ancor più inaccettabile quanto sta accadendo, rispetto al quale le istituzioni forensi, a partire dal CNF, e la Cassa Forense, hanno il dovere di intervenire, per pretendere risposte dalla classe politica e per accompagnare, non alla porta ma ad attraversare questi momenti difficili, quei Colleghi che versano in una situazione di difficoltà, non per la loro inettitudine ma per una situazione di mercato che non è stata da essi determinata.



I numeri ufficiali, peraltro, non sono molto dissimili da quelli in questione. Dalle statistiche elaborate da Cassa Forense, emerge che se si confronta il dato reddituale dell´ultimo anno considerato (2016) con i guadagni medi degli avvocati nel decennio precedente è chiaramente percepibile la crisi della professione.

Se nel 2007 il reddito medio di un avvocato era di 51.314 euro, negli anni successivi si è assistiti ad un calo drastico dei compensi percepiti. ciò è confermato anche dalla tabella redatta dalla Cassa Forense sull´evoluzione del reddito professionale degli avvocati dal 2006 al 2016.



Ma questo dato è un dato artificiale, perché nel computo sono considerate le grandi centrali legali che producono reddito, i grandi studi del Nord in particolare, come è anche considerato l´indotto dei grandi pagatori, dagli Istituti bancari alle compagnie assicuratrici alle stesse pubbliche amministrazioni, quantomeno prima della tristemente famosa sentenza del Consiglio di Stato sulla ampia derogabilità degli onorari professionali. Se si considera tutto questo, allora è notte profonda e i dati esposti sono pure leggende metropolitane o di periferia, prendetela come ritenete più opportuno.



Una situazione, quindi, di sfruttamento palese, a fronte dell´espletamento di una funzione, quella legata alle garanzie e alla Difesa, senza la quale la nostra Costituzione sarebbe un puro esercizio letterario. Una funzione, come si capisce, umiliata e mal pagata. Con i suoi protagonisti che non solo percepiscono spesso compensi che non possono consentire neppure la sopravvivenza, ma addirittura non hanno alcun sostegno o garanzia nel caso di impossibilità di proseguire l´attività professionale, di infortunio, di malattia invalidante. Tutto si tiene in questo magma incomprensibile che nega perfinonei - mirabolanti mai come questa volta - programmi dei partiti in tema di ritocco alle pensioni minime, redditi di dignità o di cittadinanza, sostegni ai bassi redditi e via discorrendo - a queste istanze di trovare una qualche cittadinanza e prospettiva.

Certo, nessuno può nascondersi la problematicità delle soluzioni, ma neppure si può rispondere a questi rilievi derubricandoli a demagogia. Compito delle istituzioni, da quelle politiche a quelle forense, è studiare i problemi e proporre soluzioni, altrimenti il loro ruolo sarebbe puramente regolatorio dell´esistente, e perciò condannato alla irrilevanza totale.

Un portale come il nostro può, come sta facendo ormai da tempo, denunciare i problemi, raccontare le storie, porsi come luogo aperto e laico di confronto, perfino assumere alcune iniziative che non spetterebbero a noi, come per esempio quella, in corso, di costituzione di una banca dati ad accesso totalmente gratuito per aiutare i Colleghi a resistere meglio nel contenzioso che spesso li vede opposti ad INPS o a cassa forense.

Il resto appartiene alla responsabilità di chi, decidendo di candidarsi a certe funzioni, ha assunto anche degli obblighi, che oltre a caricare di responsabilità nei confronti dei rappresentati, rappresenta anche - e poiché spesso parliamo di mercato, non è un particolare da poco - una non indifferentevoce di costo per gli iscritti, in quanto, forse giustamente e forse no - dipende dalle opinioni - non ci sono funzioni espletate a titolo gratuito o a rimborso spese. Scusate.



Quindi. Da intere legislature ci sono flotte di avvocati italiani in parlamento, nessuna categoria professionale è più rappresentata in quella forense. Sono avvocati che non praticano la professione? In molti casi si, ma non mancano certo le eccezioni, e comunque in tanti sono iscritti agli albi. Forse, in questa campagna elettorale le istituzioni forensi, soprattutto quelle centrali, potrebbero elencare dei punti e chiedere a tutti i loro iscritti candidati, l´assunzione di impegni precisi.



Psrtendo, ad esempio, da una norma che stabilisca termini perentori per la liquidazione degli onorari dovuti per i giudizi con patrocinio a spese dello Stato. sì, di briciole si tratta a fronte dell´espletamento di una importante funzione di rilievo costituzionale, ma se anche queste briciole sono corrisposte dopo anni, siamo di fronte ad un caporalato di Stato. rispetto al quale la Repubblica di Beccaria non può rimanere silente.

Il Direttore
Avv. Piero Gurrieri

 

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