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Si chiama ius soli ma è fatto per stare insieme. Cosa cambierebbe rispetto al sistema di adesso

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Si torna a discutere di ius soli, paradossalmente in un momento nel quale nessuno se lo aspettava. Le dichiarazioni di un tredicenne, Rami, il ragazzino eroe, e il suo auspicio che la cittadinanza potesse essere concessa alle migliaia che, come lui, sono nati in territorio italiano, stanno studiando in scuole italiane la cultura italiana e desiderano vivere nel nostro paese senza essere discriminati rispetto ai propri coetanei, e la risposta caustica che a Rami ha dato il ministro Salvini, che lo ha invitato a candidarsi al parlamento per potere poi sposare la causa di questa riforma,  ha riacceso i riflettori sul tema. 

Si tratta, invero, di una questione  centrale in tutti gli stati occidentali,  e che ha visto  anche in Italia un dibattito, con un disegno di legge da tempo depositato in parlamento, che in caso di approvazione  introdurrebbe un ius soli temperato, senza alcun automatismo. Un sistema, e un meccanismo in verità abbastanza blando ma che tuttavia potrebbe rispondere, in modo piuttosto efficace, alle domande poste da Rami, e alle aspirazioni di tantissimi suoi coetanei.

Tra i contributi che negli ultimi tempi sono stati pubblicati sul web, ci ha colpito molto, per la capacità di sintetizzare in poco spazio concetti piuttosto complessi, un articolo pubblicato sul quotidiano della CEI Avvenire a firma di Alessia Guerrieri il 18 settembre 2017 che ci permettiamo di riportare non essendo frattanto intervenute variazioni, al fine di aiutare noi stessi e i nostri lettori ad entrare nel vivo della problematica e delle possibili alternative:

"Oggi per diventare cittadini italiani si fa riferimento alla legge 91 del 1992, che disciplina tutte le modalità con cui si acquisisce questo status. Ma se il Parlamento approverà il ddl sullo ius soli temperato/ius culturae, tutto cambierà e 800mila persone (643mila nati nel nostro Pese e 166mila studenti nati all'estero) potranno beneficiare della nuova norma sulla cittadinanza.

Il ddl è attualmente fermo in Senato, dopo essere stato approvato dalla Camera il 13 ottobre 2015. Vediamo cosa cambia.

Cittadini per nascita o adozione

Adesso il modo più comune, e automatico, è l'acquisizione iure sanguinis, ovvero per nascita o adozione da almeno un genitore con cittadinanza italiana. Più residuale invece la possibilità per ius soli, cioè se si nasce da cittadini apolidi, ignoti o qualora i genitori non possano trasmettere la propria cittadinanza al figlio perché lo Stato di provenienza non contempla il diritto di sangue.

Dopo 10 anni di residenza

Lo status civitatis può essere richiesto anche dallo straniero dopo un periodo di regolare residenza in Italia di almeno dieci anni, qualora dimostri di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere condanne penali e in assenza di impedimenti per la sicurezza della Repubblica. Per uno straniero con cittadinanza europea, la permanenza ininterrotta nel nostro Paese si riduce a quattro anni.

Per matrimonio

Si può diventare italiani anche iure matrimonii, sposando appunto un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia o dopo tre anni di matrimonio se residenti all'estero (termini ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), a condizione di assenza di precedenti penali. Una fattispecie, questa, riconosciuta dal prefetto della provincia di residenza della persona che ne fa richiesta.

Dopo i 18 anni di età

Altro caso è lo straniero nato in Italia e che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino alla maggiore età, che può presentare la richiesta di cittadinanza entro un anno dal diciottesimo compleanno.


 La nuova legge: per nascita (ius soli temperato)

Con l'entrata in vigore della nuova legge (attualmente in Aula al Senato), i bambini nati in Italia da genitori stranieri possono acquisire la cittadinanza italiana se uno dei genitori è titolare di diritto di soggiorno illimitato oppure di permesso di soggiorno dell'Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo.

Non esiste quindi nessun automatismo generalizzato, ma in entrambi i casi il requisito è una permanenza di almeno 5 anni. Nel caso di cittadini Ue, infatti, il diritto di soggiorno permanente è riconosciuto a chi abbia soggiornato legalmente in via continuativa per 5 anni in Italia. Nel caso di cittadini extra Ue, il permesso per soggiorno di lungo periodo è rilasciato a coloro che sono titolari da almeno 5 anni di un permesso di soggiorno in corso di validità. Necessari altri tre requisiti dei genitori extracomunitari: alloggio idoneo a termini di legge, superamento di un test di conoscenza della lingua italiana e reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale. Da questo permesso sono esclusi gli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

Dopo un percorso formativo: ius culturae

I minori stranieri nati nel nostro Paese o arrivati entro i 12 anni di età possono diventare italiani dimostrando di aver frequentato regolarmente almeno 5 anni di percorso formativo. Possono essere uno o più cicli scolastici, oppure corsi di istruzione professionale triennali o quadriennali che diano una qualifica. Nel caso sia la scuola primaria, essa deve essere completata. Si tratta del cosiddetto ius culturae.

La domanda va presentata da uno dei due genitori entro il compimento della maggiore età del figlio, altrimenti potrà essere presentata dal diretto interessato diventato maggiorenne, che avrà due anni di tempo per farlo.

Se un minore arriva in Italia con genitori stranieri sopo i 12 anni di età, può diventare cittadino italiano sopo 6 anni e il superamento di un ciclo di studi.

La naturalizzazione

Infine c'è un altro caso che però non introduce un diritto, ma rientra nel campo della concessione della cittadinanza, quella che comunemente si chiama "naturalizzazione". Un provvedimento discrezionale (la cittadinanza viene concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del ministro dell'Interno) e che va richiesto al prefetto o all'autorità consolare.

I potenziali beneficiari sono gli stranieri arrivati in Italia prima della maggiore età e legalmente residenti da almeno sei anni. Ulteriore condizione è la regolare frequenza di un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso istituti del sistema nazionale d'istruzione, o di un percorso di formazione professionale, con il conseguimento della relativa qualifica. Dal confronto con gli altri punti della legge sembra di capire che questa sia una possibilità di cui potranno avvalersi soprattutto i minori giunti nel nostro Paese tra i dodici anni (al di sotto dei quali è previsto il diritto alla cittadinanza nei termini illustrati in precedenza) e i diciotto.

Per gli adulti stranieri restano valide le regole attuali: diventa cittadino italiano chi ha soggiornato in Italia per 10 anni continuativi (5 se apolide, 4 per i comunitari) o per matrimonio con italiano/a. La concessione della cittadinanza è subordinata alla valutazione dell'autorità".

 

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