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Il Garante dei detenuti, professor Mauro Palma, ha pubblicato una relazione in cui documenta e critica le condizioni dei detenuti in regime di 41 bis. Per aver esercitato le sue funzioni è stato coperto da insulti e minacce gravissime da parte di uomini in divisa attraverso la pagina Facebook di un sindacato della polizia penitenziaria.
«Ma vaffanculo delinquente legalizzato»; «non mi stupirei se si scoprisse che è stipendiato da qualche mafia» ; «ammazzati indegno» ; «spero ti ammazzano un figlio» ; «ma perché non ti fai ammazzare coglione» ; «sei un fango», «vai a cagare stronzo», «garante della mafia». È solo una parte dei commenti apparsi sotto un articolo postato sulla pagina Facebook "Polizia Penitenziaria Società Giustizia e Sicurezza" che riportava le criticità sulle sezioni carcerarie che ospitano detenuti al 41-bis, il regime di carcere duro, denunciate – tramite un rapporto indirizzato alle autorità competenti – dal garante nazionale delle persone private della libertà, il professor Mauro Palma. La quasi totalità dei commenti prefiguravano ipotesi di reato che andavano dalla diffamazione alla minaccia di morte. Commenti che per giorni non sono stati rimossi dal sindacato degli agenti penitenziari, fino a quando Mauro Palma non ha esposto denuncia. Solo dopo la denuncia, infatti, i titolari della pagina hanno rimosso il post spiegando che «a seguito di numerose segnalazioni pervenute su alcuni commenti all'articolo la Redazione, verificatone il non condivisibile ed inappropriato contenuto, ha deciso di rimuovere il post». Al riguardo "Polizia Penitenziaria – Società, Giustizia & Sicurezza" ha voluto precisare di prendere le distanze dai contenuti dei commenti al post, che rispecchiano esclusivamente l'opinione di coloro che li hanno scritti. Peccato che a vomitare odio e minacce siano uomini in divisa, che dai profili social risultano essere operatori di polizia penitenziaria, rappresentati dal sindacato Sappe.
Il rapporto che ha scaldato gli animi è relativo al periodo 2016 – 2018 dove Mauro Palma fa emergere diverse criticità intorno al 41 bis e molte sono le raccomandazioni che lo stesso Garante ha rivolto agli istituti penitenziari nazionali. Tra le numerose problematiche una riguarda la questione delle cosiddette "Aree riservate" presenti all'interno delle sezioni speciali che sono, in sostanza, un doppio 41 bis. Tali sezioni sono separate dalle altre che accolgono le persone sottoposte a tale regime e sono destinate alle figure ritenute apicali dell'organizzazione criminale di appartenenza. L'altra problematica è il rischio di automatizzarsi il rinnovo della proroga del 41 bis, mentre invece – come recitano diverse sentenze della corte costituzionale – le proroghe vanno valutate caso per caso. Sull'aggravio delle misure restrittive per i reclusi al carcere duro due anni fa si era già espressa in modo critico la commissione Diritti Umani del Senato presieduta da Luigi Manconi al termine di una indagine conoscitiva.
L'esame dell'attuazione del regime speciale si è sviluppato nel solco tracciato da diversi pronunciamenti della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti umani, che "individuano la piena necessità di misure volte a proibire ogni forma di comunicazione con le organizzazioni criminali di appartenenza e al contempo a vietare ogni altra misura che possa configurarsi come inutile aggiuntiva afflizione". Oltre a questioni che riguardano il diritto alla salute e alla privacy, il Garante riporta anche alcune "previsioni di difficile comprensione". Per esempio, un cartello appeso nella sala di socialità dell'Istituto di Cuneo comunicava la possibilità di acquistare due gelati a volta, ma che era «assolutamente vietato depositare i gelati all'interno del frigo per essere consumati successivamente»: se si comprano vanno mangiati subito entrambi. A Novara veniva riferito al Garante che non si poteva andare in doccia con accappatoio e asciugamano insieme: o l'uno o l'altro; i familiari non potevano indossare magliette con una qualsiasi scritta neppure quella dell'azienda produttrice: erano costretti a toglierla e indossarla a rovescio. Elementi che portano il Garante a parlare di "retrogusto iper-punitivo" del regime speciale. "Non possono essere introdotti elementi - scrive il Garante - che aumentino la sofferenza intrinseca alla privazione della libertà, qualunque sia la necessità di implementare un particolare regime detentivo".
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«Di cosa ti occupi?». Una domanda che ci si sente rivolgere spesso. «Scrivo», la risposta audace del sottoscritto. «Ma no, intendevo dire: che lavoro fai?». Ecco, questa è la premessa. Sono veneto, di Jesolo, fin dal lontano 1959. Dopo un intenso vagabondare che negli anni mi ha visto avviare diverse iniziative imprenditoriali in Europa, ho messo momentanee radici a Busto Arsizio. Il mio curriculum include l’esperienza della detenzione, e non ho alcuna intenzione di nasconderlo perché la considero una risorsa che mi appartiene e mi ha arricchito. No, non mi riferisco ai soldi… Sono attento alle tematiche che riguardano la detenzione in ogni suo aspetto, nella convinzione che si possa fare ancora molto per migliorare il rapporto tra la società civile e il carcere. Ebbene sì, per portare a casa la pagnotta scrivo per alcuni periodici, tra cui InFamiglia, DiTutto, Così Cronaca, Adesso, Sguardi di Confine e Sport Donna occupandomi principalmente di sociale. Ho pubblicato Pane & Malavita per Umberto Soletti Editore. Amo la musica, la lettura e la cucina. Sono nonno e mi manca tanto il mare.