Se questo sito ti piace, puoi dircelo così
Riferimenti normativi: Art.1122 c.c. - art.1138 c.c.
Focus: L'attività fisica, considerata da tempo un pilastro per il mantenimento della salute, è entrata a far parte della nostra quotidianità tanto da destinare locali esistenti all'interno di stabili condomìniali in palestre.
Principi generali: Locali vuoti all'interno di un condomìnio, come ad esempio un garage o una cantina, possono essere trasformati in palestra. Secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, qualora si verifichi un mutamento di destinazione d'uso dei locali soltanto "funzionale", senza opere edilizie visibili, non occorre l'autorizzazione a costruire, salvo il caso in cui vi sia violazione degli assetti urbanistici di zona." (Cons. Stato, sez. V, sent. 28 maggio 2010, n. 3420; il T.A.R. Campania, sez. VIII, sent. 31 marzo 2014, n. 1881).
Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, II sez. civ., con la sentenza n. 28279 del 04/11/2019 nella controversia insorta tra il condomìnio ed una società che aveva aperto una palestra in un locale seminterrato di sua proprietà, originariamente destinato a box.
La società, in pratica, per poter svolgere l'attività aveva modificato internamente l'autorimessa realizzando un soppalco, spogliatoi, bagni interni ai locali, e aprendo nuove finestre e porte. A seguito di tale trasformazione, il condomìnio ha citato in giudizio la società e le socie affinché fosse accertato l'abusivo mutamento di destinazione d'uso dei locali del seminterrato, operato mediante la realizzazione della palestra, così come l'illegittimità delle finestre e delle porte, aperte nello stesso locale, con condanna al ripristino ed al risarcimento dei danni.
Secondo i condòmini, infatti, la nuova attività dei convenuti avrebbe implicato un dannoso accesso di persone ed un'illecita sollecitazione delle strutture del condominio. In ogni caso con le modifiche interne apportate nel locale era stato violato l'art. 1122 c.c. poiché, nell'unità immobiliare di sua proprietà, il condòmino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio. La società convenuta si costituiva in giudizio sostenendo la piena legittimità della trasformazione e delle conseguenti opere non ritenute dannose.
Il Tribunale, esaminata la relazione disposta dal consulente tecnico di ufficio, ha condannato la società e le socie al risarcimento dei danni, oltre all'eliminazione della palestra ed alla chiusura delle aperture e delle porte realizzate nel seminterrato. Successivamente, la Corte d'Appello ha confermato il divieto di esercizio dell'attività di palestra nei locali adibiti a box, ritenendo, però, legittime l'apertura delle finestre e delle porte sul seminterrato. Conseguentemente la sentenza è stata impugnata dalla società dinanzi alla Corte di Cassazione la quale ha accolto il ricorso ritenendo che la decisione dei giudici di secondo grado fosse contraddittoria in quanto da una lato aveva inibito l'uso delle strutture realizzate nel seminterrato adibito a palestra (soppalco, spogliatoi, WC interni ai locali), dall'altro aveva riconosciuto che tali opere erano compatibili con la struttura dell'edificio condominiale.
Di conseguenza, la Corte Suprema ha osservato che dette modifiche interne non possono essere state pregiudizievoli alle parti comuni o alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio. In ogni caso, in assenza di tali pregiudizi, il divieto di adibire una proprietà esclusiva a palestra dei locali originariamente destinati a box si sarebbe dovuto ricavare da una specifica disposizione in tal senso, chiara e univoca, del regolamento condominiale, contrattuale, in mancanza della quale il mutamento di destinazione non può essere ritenuto vietato né può esserne ordinata la rimozione.
Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.
Il mio nome è Carmela Patrizia Spadaro. Esercito la professione di Avvocato nel Foro di Catania. Sin dal 1990 mi sono occupata di diritto tributario formandomi presso la Scuola Tributaria "Ezio Vanoni" - sez.staccata di Torino.. Sono anche mediatore iscritta all'Albo della Camera di mediazione e conciliazione del Tribunale di Catania dal 2013. Da alcuni anni mi occupo di volontariato per la tutela dei diritti del malato. Nel tempo libero coltivo I miei hobbies di fotografia e pittura ad olio.