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In tema di revisione il decreto di archiviazione non costituisce prova nuova

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​ La Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2933/2022 ha affermato che, in tema di revisione, non costituisce prova nuova ai sensi dell'art. 630, c. 1, lett. c), c.p.p., il decreto di archiviazione, quale decisione allo stato degli atti, di natura endoprocedimentale, non irrevocabile, alla quale può sempre seguire la riapertura delle indagini.

 I fatti di causa

La vicenda tra origine dal ricorso, articolato in quattro motivi, con il quale si chiedeva l'annullamento dell'ordinanza della Corte di Appello di Messina resa in data 23/03/2021 che dichiarava inammissibile l'istanza di revisione proposta nell'interesse dei ricorrenti.

Con il primo motivo si deduceva la violazione dell'art 630 e ss. c.p.p. e 378 c.p., assumendo che l'ordinanza fosse stata emessa in violazione di legge ricorrendo l'ipotesi disciplinata dall'art 630, lett. c), c.p.p., in presenza di prova nuova sopravvenuta e dell'art 634 c.p.p., poiché il caso in esame imponeva l'istaurazione del contraddittorio tra le parti. Nello specifico, i ricorrenti, adducevano quale nuova fonte di prova il decreto di archiviazione emesso nei confronti di Tizio; prova nuova che, ad avviso degli stessi, era stata erroneamente esclusa dalla Corte di Appello, la quale aveva rilevato come la revisione costituisca rimedio straordinario e non impugnazione delle precedenti pronunce, mentre al contrario il decreto di archiviazione rappresenta una prova nuova, perché emesso successivamente ed incidente sulla posizione dei condannati, attesa la correlazione tra la condanna a carico degli stessi ai sensi dell'art 378 c.p. e il reato presupposto, la partecipazione ad un'associazione di stampo mafioso, originariamente imputata a Tizio. Con il secondo e terzo motivo si deduceva il vizio di motivazione per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della stessa rispettivamente con riferimento agli artt. 378 c.p. e 326 c.p., quest'ultimo per uno solo dei ricorrenti. Infine, con il quarto motivo veniva dedotta violazione di legge in relazione al disposto degli artt. 630 e 634 c.p.p., avendo la Corte di Appello di Messina dichiarato de plano l'inammissibilità in mancanza dei presupposti normativi, mentre invece sarebbe stato necessario procedere all'istaurazione di un contraddittorio.

 La decisione del Collegio

Ciò posto, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestatamente infondato, perché articolato con motivi generici e aspecifici che, oltre a riproporre una rilettura di elementi di fatto già proposti alla Corte di Appello di Messina, non si confrontano con il contenuto dell'ordinanza impugnata.

Quanto ai primi due motivo, che la Corte tratta congiuntamente, ha ritenuto che l'asserita violazione di legge per mancata considerazione del decreto di archiviazione come nuova prova fosse già stato considerato dalla Corti di Appello, la quale aveva chiarito la portata e ambito del decreto, in particolare, la mancanza di definitività delle conclusioni assunte e, dunque, l'impossibilità di considerare tale epilogo processuale come una prova nuova. In tal senso, la Corte di Appello aveva fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in tema di revisione, per prove nuove rilevanti ex art 630, lett. c), c.p.p., ai fini dell'ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice. Nel caso di specie, la natura di atto endoprocedimentale del decreto di archiviazione, il suo caratterizzarsi quale decisione assunta allo stato degli atti, non irrevocabile, è da considerarsi di per sé inconciliabile con il concetto di prova nuova. Pertanto, nessuna contraddittorietà e illogicità si poteva cogliere in motivazione, nella quale si analizzavano e richiamavano i fatti per come verificatisi. Riguardo il terzo motivo, il supremo consenso, ha ritenuto che i ricorrenti non si fossero confrontati con la motivazione della Corte di Appello che non solo ha escluso un contrasto tra giudicati, ma ha anche richiamato il principio secondo il quale in tema di revisione di sentenza di assoluzione dei computati, pronunciata in separato procedimento, non può essere considerata di per sé prova nuova e, quindi, rilevante ex art 630, lett. c), c.p.p. Quanto all'ultimo dei motivi, la Corte, ha ritenuto che la Corte di Appello abbia fatto buon uso del principio secondo il quale spetta alla stessa Corte valutare, di volta in volta, quale sia la forma procedimentale più adeguata, contemperando l'esigenza di garanzia della partecipazione con quella di non disperdere inutilmente l'attività giurisdizionale.

 

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