I giudici hanno infatti chiarito che è da escludere la falsità dell´affermazione resa nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta`, di colui che attesta essere convivente con la propria madre quando in realtà di fatto dimora con la moglie e figli in un´altra abitazione.
Nel caso di specie era accaduto che un medico, dipendente dell´ASL, aveva chiesto ed ottenuto un congedo straordinario retribuito per l´assistenza alla propria madre affetta da gravi patologie, che aveva dichiarato nell´atto di notorietà, essere con lei convivente, quando in realtà nella predetta casa svolgeva solo l´attività di specialista libero professionale.
Il Giudice per l´Udienza Preliminare del Tribunale di Genova, a conclusione del rito abbreviato, assolveva il predetto medico, accusato di truffa aggravata, perchè il fatto non costituisce reato.
Avverso tale sentenza proponeva appello il Procuratore Generale e la Corte di Appello, in riforma della sentenza di primo grado, riconosceva la responsabilità penale del medico e lo condannava alla pena ritenuta di giustizia.
La Corte d´Appello riteneva essere stata sufficientemente provata una "intensa attività professionale dell´imputato nel periodo di congedo", esercitata nell´abitazione della madre, tale da poter escludere che lo stesso avesse prestato alla madre l´assistenza per la quale aveva ricevuto i congedi dal proprio datore di lavoro.
Avverso tale decisione proponeva ricorso in Cassazione la difesa dell´imputato deducendo con diversi motivi la violazioni di legge e vizio di motivazione sia in ordine alla valenza processuale da dare alle dichiarazioni della teste e sia in relazione alla parte dell´impugnata sentenza che aveva fatto coincidere il concetto di "convivenza" con quello di coabitazione, ritenendo che la necessità di assistenza venga meno in presenza di una badante.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso in Cassazione e meritevole di accoglimento in quanto "non può riconoscersi alcuna falsità nell´affermazione del R., nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, di essere convivente con la propria madre, atteso che, come questa Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare, in coerenza con l´assunto del ricorrente, in tema di assistenza al familiare portatore di handicap il concetto di convivenza non può essere ritenuto coincidente con quello di coabitazione poichè in tal modo si darebbe un´interpretazione restrittiva della disposizione che, oltre che arbitraria, sembra andare contro il fine perseguito dalla norma di agevolare l´assistenza degli handicappati, di talchè sarebbe incomprensibile escludere dai suddetti benefici il lavoratore che conviva costantemente, ma limitatamente ad una fascia oraria della giornata, con il familiare handicappato al fine di prestargli assistenza in un periodo di tempo in cui, altrimenti, di tale assistenza rimarrebbe privo (Sez. 5, n. 8625 del 01/06/2000, Rv. 216715).".
Per tale motivazione e per gli altri motivi indicati in sentenza, La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Genova.
Si allega testo sentenza