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La terza sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con ordinanza del 5 marzo 2024, n. 625, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la seguente questione pregiudiziale:
se, ai sensi dell'art. 267 del TFUE (ex articolo 234 del TCE), in relazione all'interpretazione della normativa comunitaria: "L'art. 20 della direttiva U.E. 2013 n. 33, nonché i principi enucleati dalla Corte di Giustizia con le sentenze del 12 novembre 2019, nella causa C[1]233/2018 e del 1° agosto 2022, nella causa C-422/2021, nella parte in cui escludono che l'amministrazione dello Stato membro possa disporre la revoca sanzionatoria delle misure di accoglienza qualora tale determinazione abbia l'effetto di esporre a pregiudizio le esigenze elementari di vita del cittadino straniero richiedente la protezione internazionale e della sua famiglia, ostano ad una
normativa nazionale che permette, a seguito di motivato giudizio individuale, relativo anche alla necessità e proporzionalità della misura, la revoca della accoglienza per ragioni non sanzionatorie, ma a causa della sopravvenuta carenza dei presupposti di ammissione alla stessa e, in particolare, in ragione del rifiuto da parte del cittadino straniero, sulla base di motivi che non attengono alla soddisfazione dei bisogni fondamentali di vita e alla tutela della dignità umana, di aderire al trasferimento presso un altro Centro di accoglienza, individuato dall'amministrazione per oggettive esigenze organizzative e tale da garantire, sotto la responsabilità dell'amministrazione stessa, la conservazione di condizioni materiali di accoglienza equivalenti a quelle fruite nel Centro di provenienza, qualora il rifiuto al trasferimento e il conseguente provvedimento di revoca pongano lo straniero nella situazione di non potere fronteggiare esigenze elementari di vita personali e familiari".
Il rinvio è stato disposto nell'ambito di un procedimento avente ad oggetto una revoca delle misure di accoglienza riconosciute ad un richiedente la protezione internazionale, il quale aveva opposto reiterato rifiuto al trasferimento disposto dall'Amministrazione presso un altro Centro.
Secondo il TAR, se il diritto UE ostasse ad una tale normativa nazionale, il rilievo concernente i bisogni primari paralizzerebbe del tutto il potere di revoca per sopravvenuta carenza dei presupposti di ammissione alla misura, perché non è facilmente immaginabile un caso in cui una persona, che gode di tale accoglienza proprio a causa delle difficoltà in cui si trova, possa d'improvviso reperire un alloggio e adeguati mezzi di sostentamento.
Tuttavia, prosegue il rimettente nell'ordinanza, se il prioritario interesse a tutelare la dignità umana può giustificare una tale conseguenza, a fronte di revoche di carattere sanzionatorio assunte nei confronti di chi conserva il titolo per godere dell'accoglienza, è, invece, discutibile che altrettanto possa dirsi della persona che, volontariamente e senza idonea causa giustificatrice, sceglie di rifiutare la permanenza nel sistema di accoglienza (in altro Centro).
Spetterà alla Corte di giustizia, dunque, valutare il giusto equilibrio tra "rischio di abuso del sistema" e diritti fondamentali della persona.
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Paola Mastrantonio, avvocato; amante della libertà, della musica e dei libri. Pensiero autonomo è la mia parola d'ordine, indipendenza la sintesi del mio stile di vita. Laureata in giurisprudenza nel 1997, ho inizialmente intrapreso la strada dell'insegnamento, finché, nel 2003 ho deciso di iscrivermi all'albo degli avvocati. Mi occupo prevalentemente di diritto penale. Mi sono cimentata in numerose note a sentenza, pubblicate su riviste professionali e specializzate. In una sua poesia Neruda ha scritto che muore lentamente chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno. Io sono pienamente d'accordo con lui.