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Il decreto autorizzativo delle intercettazioni va sempre motivato dal giudice attraverso una sua autonoma valutazione

I Giudici della Sesta Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 48009 del 14 novembre 2016, hanno ribadito il principio, consolidato e oggetto di precedenti pronunce, secondo cui non sono utilizzabili le risultanze delle intercettazioni telefoniche disposte nel corso delle indagini preliminari se siano state autorizzate dal GIP senza una adeguata motivazione o con una motivazione per relazionem tout court.
In applicazione di tale principio i giudici della Corte hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dalla difesa degli imputati che hanno eccepito la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione ai decreti autorizzativi e di proroga, eccezione da essi formulata già in primo grado e riproposta in appello.
Con l´interessante sentenza che i giudici della Corte Suprema hanno emesso, in occasione dell´esame del ricorso proposto da alcuni imputati che erano stati condannati dalla sentenza della Corte di Appello di Roma per aver comemsso reati associativi legati a diversi reati in tema di stupefacenti, hanno esaminato l´intera materia delle intercettazioni telefoniche ed ambientali per come sono regolamentati e disciplinati dal nostro codice di rito (artt. 266 e 267 cpp), dalla Carta Costituzionale ( artt.13,14 e 15 con il combinato disposto con l´art. 2) e dalla CEDU alla luce dei diversi arresti giurisprudenziali, compreso quello relativo alla sentenza (Sez. U, n. 45189 del 17/11/2004). I giudici quindi si sono soffermati ad esaminare i presupposti rigorosi richiesti dal nostro codice di rito con gli artt. 266 e267cpp e poi hanno esaminato il tema delicato della motivazione dei decreti autorizzativi che il GIP è chiamato ad emettere su richiesta del PM.
Al riguardo in ordine alla obbligatorietà della motivazione da parte del giudice è stata richiamata la sentenza della C. cost., n. 34, del 4/04/1973, massima 6607 che ha sancito "che il decreto con cui il giudice autorizza l´intercettazione telefonica deve contenere una adeguata e specifica motivazione a concreta dimostrazione del corretto uso del potere dal giudice esercitato".
Anche le Sezioni Unite della Corte Suprema (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000) hanno avuto modo di esprimersi sul tema chiarendo che la mancanza di motivazione si ha non solo quando "fisicamente manchi", ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto insufficiente e inadeguata rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare.
La sentenza della Sesta Sezione Penale ha poi richiamato altre pronunce delle Sezioni Unite sullo specifico tema delle motivazioni per relationem arrivando così alla conclusione che la Corte di Appello di Roma, che aveva emessso la sentenza impugnata, " non ha dato risposta adeguata, alle censure proposte dalla difesa degli imputati, la dove, dopo avere - correttamente - enunciato il principio secondo il quale i decreti autorizzativi delle intercettazioni possono essere legittimamente motivati per relationem - ha eluso lo scrutinio sulla - contestata - idoneità degli atti richiamati a supportare la ritenuta sussistenza dei requisiti di legge delle operazioni intercettive, segnatamente dei "gravi indizi" di reato, sia dell´assoluta indispensabilità" ai fini delle indagini (ovvero dei "sufficienti indizi" di reato e della "utilità" del mezzo, in caso di procedimenti di criminalità organizzata).
In conclusione i giudici della Sesta Sezione della Corte hanno dichiarato l´inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni per inosservanza dell´obbligo di motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, perchè derivante dalla violazione dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione (Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014 - dep. 2015, Solano Abreu e altri, Rv. 263342)
Per tali ragioni è stato disposto l´annullamento della sentenza impugnata con rinvio.
Segue sentenza allegata

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