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Il contributo di solidarietà del 3% e gli strani silenzi di Cassa Forense

Via qualsiasi tetto, abolizione dei minimi, applicazione dei criteri costituzionali di proporzionalità e progressività ed esenzione totale per i redditi al di sotto della soglia di povertà. Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Daniela Nazzaro, avvocato del Foro di Roma


Il nostro sistema previdenziale è solidale. Con tale definizione si intende riferirsi alla previsione di un contributo di solidarietà del 3% , imposto ai redditi eccedenti i 96.000 euro annuo e utilizzato per finanziare la pensione dei redditi inferiori al tetto.

Il ricavo relativo al suddetto contributo non è stato riportato nel bilancio 2016 , circostanza assai grave che andrebbe approfondita (n.b. il contributo di solidarietà di euro 220.881 che appare tra i ricavi è quello trattenuto ai pensionati ancora iscritti alla Cassa - ex art. 1 comma 486 L. 147/2013).

In ogni caso, qualsiasi sia il ricavo relativo al contributo del 3%, esso non riesce comunque a finanziare le pensioni minime, visto che è necessario ricorrere anche al contributo integrativo (la contribuzione minima non è assolutamente sufficiente).

Questo è il sistema. Allora perché ricorrere alla solidarietà del 3%? Cerchiamo di sviluppare una risposta partendo proprio dal concetto di solidarietà.

La solidarietà è certamente un valore umano, è un ideale, è un mezzo per garantire maggiore giustizia sociale, è un´opportunità di miglioramento, è un precetto costituzionale. Ma, ove strumentalizzata e deviata, la solidarietà può tradursi in un alibi per i sistemi inefficienti o corrotti, in un controllo delle menti più critiche e vivaci, in un tentativo di svilimento della dignità reddituale, in un´ arma di ricatto morale.

La diagnosi differenziale tra la solidarietà come strumento di giustizia sociale e la solidarietà come esercizio del potere è da ricercarsi nella natura eziologica del contributo: la volontarietà contraddistingue incontrovertibilmente la prima, là dove la seconda è inesorabilmente imposta.

Tornando al nostro sistema ricordiamo che i redditi più alti non versano volontariamente il contributo del 3%, bensì viene loro imposto, da un sistema imposto! Inoltre tale imposizione comporta un ricavo che non è comunque sufficiente allo scopo, dovendosi ricorrere all´ulteriore correttivo del contributo integrativo.

Quindi perché lasciare questa forma di ´solidarietà obbligatoria´? "Cui prodest scelus, is fecit.." . Il vero autore e vincitore di questo sistema è solo il Potere. Grazie al contributo di solidarietà esso ottiene un duplice effetto: il suo autoritarismo diventa benevolo e, nello stesso tempo, riesce a dividere le classi di reddito, ponendole in conflitto tra loro, al fine di depotenziarne il dissenso.

Infatti, i soggetti portatori di redditi più alti mal sopporteranno il sacrificio in favore dei soggetti portatori di redditi più bassi ed in questi ultimi verrà ingenerata una riverente soggezione, soporifera, indotta dalla riconoscenza! Divide et impera. In questa nuova visione la solidarietà del 3% serve solo al Potere, che la utilizza per tamponare un´emergenza, per eludere una domanda di giustizia, per nascondere un diritto ben preciso: quello ad un sistema previdenziale equo, basato sulla equa distribuzione delle ricchezze, in cui le rendite devono essere commisurate agli effettivi versamenti, senza il sacrificio e senza la soggezione di alcuno. Orbene, questo sistema è realizzabile solo esercitando l´opzione al sistema di calcolo contributivo, equo e solidale (limitatamente alla solidarietà dei pensionati). Per cui via il tetto, abolizione dei minimi, applicazione dei criteri costituzionali della PROPORZIONALITA´ e della PROGRESSIVITA´. Ed esenzione totale per i redditi al di sotto della soglia di povertà.

 

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