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L'ombra della Colpa - I processi, armadio per penetrare in un mondo privato

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 Vado a casa. Sono rimasto talmente concentrato tutto il giorno che mi sembra di vedere il mondo per la prima volta. Suoni e colori mi colpiscono come un'auto sulle strisce pedonali. Una delle cose belle del nostro lavoro è la sua tipica astrazione intellettuale. Un minuto prima sei per strada, un secondo dopo ti ritrovi a migliaia di km di distanza all'interno di un fascicolo, dove la realtà esterna svanisce. Rimane quella processuale, contenuta nelle carte, in cui entri attraverso una porta invisibile. Da una parte i suoni, un arcobaleno, il cielo, le poste italiane, dall'altra un mondo parallelo. Mi è sempre piaciuto quel passaggio segreto. Fa molto Cronache di Narnia.

 I processi sono l'armadio per penetrare in un mondo privato. A volte mi chiedo se non sia pericoloso rifuggire in un'altra dimensione. Eppure ci vuole, una specie di vita parallela è indispensabile per sopportare quella reale, così pesante e con unasvolta maledetta sempre dietro l'angolo. Ogni volta diversa da come te l'aspetti. Mi rendo conto che spendo il mio tempo lavorando: torno a casa quando scende il buio. Non so mai cosa sia accaduto a un metro da me.

 Questa sera l'aria sa di pane. E' fresca ma profumata. I sensi – quando emergono in superficie da una concentrazione serrata – si risvegliano e catturano tutte le sfumature. Ogni odore appare come una scala composta da gradazioni diverse.Sono come un neonato della saga di Twilight, un vampiro che viene alla luce. Il vampiro arriva a casa ed apre il frigo. Ottavio mi ha lasciato non soltanto le triglie da passare in forno (10 minuti per dargli una riscaldata altrimenti si seccano, come da biglietto sul tavolo), ma un cestino di ciliegie. Rosse una bellezza. Stappo una bottiglia di vino bianco. La prendo dalla mia cantinetta personale, a temperatura costante. Mi è costata un botto ma uno scapolo di ritorno deve pur concedersi qualche lusso. Fiano di Avellino by Mastroberardino: lo verso in un calice a ballon, bello ampio. Ne bevo un sorso e schiocco le labbra. E' buonissimo. Metto su Lady in Red di Chris Bourgh sul mio vecchio giradischi. Ho conservato uno stereo Saba, ed anche i vinili. Li chiamano vintage, roba che se me lo dicevano quando ero ragazzo li mandavo affanculo. Mangio le triglie in silenzio e mi bevo metà bottiglia. Cenare da soli non è mai stato così malinconico. Quando mi metto a letto con un libro in mano, le pagine del Terzani che mi sono scelto per conciliarmi il sonno, ammontano a due. Precise. Faccio in tempo a puntare la sveglia ma già dormo.

Entro nell'altra mia dimensione preferita: il sonno in cui non si pensa.

 

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