Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Giustizia lumaca, legge Pinto a Consulta, Tar: disciplina dilatoria viola Costituzione

Una giustizia lumaca, e come se non bastasse, a seguito delle innovazioni introdotte di recente con la Legge di Stabilità 2016, lo Stato ha probabilmente violato la Costituzione ed in particolare i principi, in essa impressi, di uguaglianza e difesa, precludendo con ogni mezzo ai cittadini, pur in possesso di un titolo esecutivo perfetto ed efficace, di conseguire entro termini ragionevoli un pur limitato risarcimento a fronte dell´inefficienza della macchina della giustizia.
E´ stata rimessa alla Corte Costituzionale la questione di costituzionalità dell´art. 5-sexies, commi 1, 4, 5, 7 e 11, della L. n. 89/2001 (Legge "Pinto") che, imponendo al creditore di rilasciare una dichiarazione di autocertificazione attestante la non avvenuta riscossione di quanto dovuto, ed introducendo un termine semestrale, decorrente dalla data in cui sono assolti gli obblighi comunicativi di cui al primo comma, entro il quale l´Amministrazione debitrice può effettuare il pagamento e prima del quale il creditore non può procedere alla esecuzione forzata, alla notifica dell´atto di precetto o alla proposizione di un ricorso per l´ottemperanza del provvedimento di liquidazione, appare in plausibile contrarietà rispetto agli artt. 3, 24, commi 1 e 2, 111, commi 1 e 2, 113, comma 2, 117, comma 1, della Costituzione.
E´ quanto deciso dal Tar Liguria, sez. II, con ordinanza 17 ottobre 2016, n. 1007.
La questione
La Corte d´Appello di Genova riconosceva a (OMISSIS) il diritto a ricevere l´equo indennizzo per la durata eccessiva di un processo di cui il medesimo era stato parte, ai sensi della Legge 24/03/2001, n. 89 (c.d. Legge Pinto).
Notificato il titolo esecutivo, e decorso inutilmente il termine dilatorio di 120 giorni, condizione di procedibilità delle azioni di esecuzione forzata nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, con ricorso di ottemperanza, i beneficiari del decreto adivano il Tar per conseguire l´attuazione del decreto della Corte d´Appello, chiedendo nominarsi un commissario ad acta,
cui affidare il compito di provvedere in sostituzione dell´Amministrazione intimata,
in caso di persistenza dell´inadempimento.
Si costituiva in giudizio l´Amministrazione intimata, eccependo l´improcedibilità del ricorso, in quanto il nuovo art. 5-sexies della L. n. 89/2001 (inserito dall´art. 1, comma 777, della Legge 28/12/2015, n. 208,
c.d. Legge di stabilità per il 2016), con decorrenza dal 1° gennaio 2016 aveva introdotto a favore dell´Amministrazione debitrice un termine dilatorio di sei mesi per effettuare il pagamento delle somme liquidate, termine che non decorre prima che il creditore abbia provveduto ad una serie di adempimenti indicati dal comma 1 del medesimo art. 5-sexies.
Inoltre, la difesa erariale osservava che il comma 7 dell´art. 5-sexies precludeva al creditore di proporre ricorso per l´ottemperanza del provvedimento liquidatorio, prima che fosse decorso il termine semestrale di cui al sopra citato comma 5.
Alla camera di consiglio del 29.9.2016 la causa era trattenuta in decisione.
La decisione
Con l´ordinanza in commento, il Tar ha rimesso gli atti alla Consulta, dubitando della costituzionalità delle norme introdotte e menzionate in apertura, e precisamente:
-del comma 1 dell´art. 5-sexies ("Al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate a norma della presente legge, il creditore rilascia all´amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l´esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l´ammontare degli importi che l´amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo, nonchè a trasmettere la documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3");
-del successivo comma 4: ("Nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione
della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti, l´ordine di pagamento non può essere emesso");
-del comma 5: ("L´amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla
data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata,
incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione ovvero della
documentazione di cui ai commi precedenti");
-del comma 7: ("Prima che sia decorso il termine di cui al comma 5, i
creditori non possono procedere all´esecuzione forzata, alla notifica dell´atto di precetto, né proporre ricorso per l´ottemperanza del provvedimento");
-del comma 11: ("Nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non può
essere disposto il pagamento di somme o l´assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta").
Secondo il Collegio, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale discende dalle considerazioni che seguono:
1) Violazione dell´art. 3 Cost.
Il complesso normativo sopra richiamato viola in primo luogo i principi di
eguaglianza e ragionevolezza sanciti dall´art. 3 della Costituzione, introducendo un procedimento necessario per ottenere il pagamento delle somme dovute ai sensi della L. n. 89/2001, ovvero per procedere alla relativa esecuzione forzata, irragionevolmente ed irrazionalmente discriminatorio nei confronti dei creditori di tali somme, rispetto al resto dei creditori di somme di danaro nei confronti della P.A.
Ciò in quanto, per le somme di cui alla L. n. 89/2001, si introduce un ulteriore ed aggiuntivo termine dilatorio di sei mesi - decorrenti dall´assolvimento degli obblighi dichiarativi di chi al comma 1 della medesima disposizione - entro il quale l´Amministrazione può anche non effettuare il pagamento ed il creditore non può procedere ad esecuzione forzata o proporre
ricorso per ottemperanza.
Sotto altro e distinto profilo, la nuova condizione di ammissibilità, secondo il Tar, rappresenta un ulteriore vulnus al principio di uguaglianza, nella misura in cui determina una graduazione puramente temporale delle ragioni creditorie, in contrasto con il principio della par condicio creditorum.
2) Violazione degli artt. 24, primo e secondo comma, e 113, secondo comma Cost.
La disciplina in esame, in secondo luogo, si pone altresì in contrasto con il principio di effettività del diritto di difesa sancito dagli artt. 24, commi 1 e 2, e 113, comma 2, della Costituzione.
La previsione di un termine semestrale (ulteriore rispetto al quello di 120 giorni previsto dal citato art. 14 del D.L. n. 669/1996) - che non decorre se non dalla data di adempimento degli obblighi comunicativi di cui al primo comma dell´art. 5-sexies - si traduce nell´impossibilità per il cittadino di agire in via immediata e diretta per il soddisfacimento del proprio credito, pur essendo egli in possesso di un titolo esecutivo perfetto.
Ravvisata, inoltre, la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell´art. 5-sexies, commi 1, 4, 5, 7 e 11, della L. n. 89/2001, come modificata dalla L. n. 208/2015, anche per violazione dell´art. 117, primo comma,
della Costituzione, e dell´art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione, il Tar ha trasmesso gli atti alla Consulta sospendendo ogni decisione sul ricorso in epigrafe.
Ordinanza allegata
Documenti allegati
Dimensione: 148,00 KB

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Tagliastipendi, psico-dramma in Parlamento, cosa d...
Come cambierà la dirigenza pubblica: i rilievi del...

Cerca nel sito