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Figlio praticante avvocato: va diminuito l’assegno di mantenimento

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 Con l'ordinanza n. 4035 dello scorso 8 febbraio, la I sezione civile della Corte di Cassazione – pur confermando l'obbligo di un padre di continuare a versare l'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne che, laureatosi in giurisprudenza, si stava avviando alla carriera forense – ha ridotto l'importo dell'assegno valorizzando la circostanza che le esigenze del ragazzo, non essendo più studente universitario, si fossero ridimensionate.

Si è difatti precisato che "l'ammontare dell'assegno di mantenimento è frutto del bilanciamento tra la capacità economico reddituale dell'obbligato e le esigenze dei figli, non potendo essere fondato in esclusiva sulla capacità economico reddituale dell'obbligato".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio con l'instaurazione di un giudizio di divorzio di una coppia di coniugi, in relazione alla quale il Tribunale di Firenze imponeva al padre il versamento mensile di un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne, non ancora indipendente economicamente, pari ad euro 1500,00, da corrispondere all'ex moglie.

La Corte di Appello di Firenze, riformando la pronuncia di primo grado, diminuiva l'importo dell'assegno di mantenimento al figlio ad Euro 800,00, avendo il ragazzo, nelle more, completato gli studi universitari, con avvio alla carriera di avvocato.

Ricorrendo in Cassazione, la moglie censurava la decisione per violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 148, 315-bis e 316-bis c.c., per non avere il giudice di merito tenuto conto del tenore di vita goduto dal figlio in costanza di matrimonio.

La Cassazione non condivide la posizione della ricorrente.

In tema di obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni, la giurisprudenza ha più volte precisato che la dichiarazione della cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni che non siano ancora autosufficienti deve essere suffragata da un accertamento di fatto che abbia riguardo all'acquisizione di una condizione di indipendenza economica, all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto.

In tale indagine il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso, e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni che devono tuttavia essere compatibili con le condizioni economiche dei genitori. 

 Con la sentenza in commento, la Cassazione ricorda come l'ammontare dell'assegno di mantenimento è frutto del bilanciamento tra la capacità economico reddituale dell'obbligato e le esigenze dei figli, non potendo essere fondato in esclusiva sulla capacità economico reddituale dell'obbligato; sul punto, la Corte rimarca l'importanza del criterio di proporzionalità, che deve essere correttamente utilizzato dal giudice, parametrandolo all'attuale condizione economica del genitore ed alle esigenze dei figli stessi.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia come il criterio di proporzionalità invocato sia stato correttamente parametrato all'attuale condizione economica del padre ed alle esigenze del figlio, il quale – completati gli studi universitari e giunto al termine del proprio progetto formativo – stava iniziando ad entrare nel mondo del lavoro, avviandosi alla carriera di avvocato.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio e al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

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