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Con la pronuncia n. 39733 dello scorso 4 settembre in tema di responsabilità del medico componente dell'equipe chirurgica, la Cassazione ha stabilito che "l'obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell'equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate ma anche il controllo sull'operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l'ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio" e, per l'effetto, ha condannato il secondo medico per il reato di lesioni gravissime a danno di un paziente che, nel corso di intervento laparoscopico di rimozione di una cisti splenica, subiva l'asportazione dell'unico rene che gli era rimasto a causa dell'erronea incisione operata dal primario.
In particolare, sia il Tribunale di Savona che la Corte di Appello di Genova condannavano il secondo operatore facendo applicazione delle regole dettate in tema di cooperazione nel delitto colposo: per i giudici territoriali l'imputato non era esente da colpa perché – sebbene l'erronea asportazione del rene fosse stata materialmente praticata dal primario, tratto in inganno dalla calcolosi a stampo che interessava l'organo – lo stesso, in qualità di componente dell'equipe chirurgica con il compito di direzionare la telecamera nelle zone indicategli dal primo operatore, non prestava la dovuta attenzione nella visione del campo operatorio.
La difesa del sanitario, ricorrendo in Cassazione, sosteneva come i giudici avessero erroneamente applicato la legge penale in tema di cooperazione nel delitto colposo: il deducente rilevava, infatti, come la sua condotta fosse del tutto esente da colpa in quanto il primario aveva reciso erroneamente il rene con un gesto chirurgico repentino e non preannunciato; aggiungeva inoltre che non sussisteva alcun nesso causale tra la sua condotta e l'evento lesivo.
In seconda istanza, rilevava come dovesse applicarsi, nel caso di specie, la causa di non punibilità di cui all'art. 590 sexies c.p., essendosi lo stesso sempre scrupolosamente attenuto alle linee guida adeguate al caso di specie.
La Cassazione non condivide le censure formulate dall'imputato e chiarisce che in tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in equipe, ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell'attività altrui, ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio.
Il principio è coerente con l'insegnamento della giurisprudenza consolidata, la quale è granitica nell'affermare che l'obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell'equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate ma anche il controllo sull'operato e sugli errori altrui; in relazione alla specifica posizione del secondo operatore che non condivide le scelte del primario adottate nel corso dell'intervento operatorio, è stato specificato che costui ha l'obbligo, per esimersi da responsabilità, di manifestare espressamente il proprio dissenso (Sez. 3, n. 43828 del 29/09/2015).
Alla luce di tanto, la Cassazione rileva come la Corte distrettuale correttamente abbia valutato la posizione dell'imputato, addebitandogli sia imperizia, per non aver ben identificato con la telecamera il rene quale reale organo obiettivo del primo operatore, che negligenza, per l'estrema disattenzione mostrata nella visione del campo operatorio e per non essersi accorto che il primo operatore stava procedendo alla asportazione del rene, anziché della cisti splenica.
Difatti, posto che la tecnica laparoscopica utilizzata dagli operatori rendeva dirimente il corretto uso della telecamera, tra i compiti del secondo chirurgo vi era proprio quello di manovrarla per facilitare la visione del campo chirurgico durante l'accesso laparoscopico: correttamente si è quindi rilevata la sussistenza di una gravissima colpa per imperizia (in quanto, nel caso di specie, l'uso della tecnica laparoscopica coinvolgeva direttamente il secondo medico, al quale era stato affidato il compito di garantire con la telecamera la visione del campo chirurgico) e colpa per negligenza (perché l'aiuto chirurgo per disattenzione ometteva di segnalare al primario che si stava accingendo a recidere il rene, sicché, se l'imputato avesse prestato la dovuta attenzione nel visionare costantemente il campo operatorio, ad addome chiuso, mediante la telecamera a lui affidata, sicuramente avrebbe potuto segnalare al primario l'errore in cui stava per incorrere).
Da ultimo, la Cassazione – in relazione al secondo motivo di ricorso vertente sull'applicazione dell'art. 590 sexies c.p. ( secondo il quale qualora l'evento lesivo si sia verificato in ambito sanitario, a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalla linee guida ovvero le buone partiche clinico-assistenziali, sempre che risultino adeguate alle specificità del caso concreto) – rileva che l'addebito, in capo all'imputato, di profili elevati profili di colpa grave, sia per negligenza esecutiva sia per imperizia, esclude l'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 590 sexies c.p., posto che la suddetta causa di non punibilità non è applicabile ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse (Sezioni Unite n. 8770 del 21/12/2017, dep. 22/02/2018).
In conclusione, il ricorso viene rigettato con condanna del medico al pagamento delle spese processuali.
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Nel 2010 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Bari; nel 2012 ho conseguito sia il Diploma di Specializzazione per le Professioni Legali presso l'Ateneo Barese che il Diploma di Master di II livello in "European Security and geopolitics, judiciary" presso la Lubelska Szkola Wyzsza W Rykach in Polonia.
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