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Occhio al menu: se il ristorante non segnala gli alimenti surgelati, risponde di frode commerciale. E', in sintesi, quanto stabilito dalla suprema Corte di cassazione con una sentenza importante per i diritto degli utenti.
I Fatti
Nel corso di una ispezione presso i locali di un ristorante, gli agenti della polizia annonaria avevano accertato la presenza di diversi prodotti conservati in nelle celle frigorifere e quindi congelati. Di contro non avevano rinvenuto negli appositi menù a disposizione della clientela la corretta indicazione dei prodotti congelati. Per tale condotta il titolare del ristorante veniva sottoposto a procedimento penale al fine di rispondere, nella forma tentata del reato di cui all'art. 515 cod. penale.
L'imputato veniva condannato tanto in primo che in secondo grado alla pena di mesi 4 di reclusione, oltre spese, pena sospesa e non menzione.
Avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano veniva così proposto ricorso per cassazione, con il quale l'imputato deduceva col primo motivo l'inutilizzabilità della comunicazione di reato ex art. 606, lett. c), cod. proc. pen . in quanto gli Agenti della Polizia annonaria non avevano redatto un verbale delle operazioni compiute con il risultato che, nelle immediatezze, era impossibile condurre una verifica sulle conclusioni riportate negli atti.
Con il secondo motivo, deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. perché l'affermazione della sentenza secondo cui il ristorante ricorresse abitualmente all'uso di alimenti congelati nella preparazione dei piatti era priva di riscontri processuali ed addirittura smentita dalle risultanze documentali di segno opposto.
Infine faceva rilevare il ricorrente la mancanza dell'elemento soggettivo perché aveva applicato nel menù i suggerimenti di un tecnologo alimentare inserendo l'invito al cliente ad informarsi sull'utilizzo, nella preparazione del piatto scelto, di prodotti congelati o surgelati il che era incompatibile con la coscienza e volontà di somministrare surrettiziamente ad un avventore prodotti surgelati o congelati, spacciandoli per freschi.
Motivazione
I giudici della Terza Sezione hanno ritenuto manifestamente infondato il ricorso. Con riferimento alla questione processuale sulle modalità di formazione della comunicazione della notizia di reato, i giudici di legittimità hanno ribadito la regola di giudizio applicata dalla Corte territoriale, secondo cui l'obbligo di redazione degli atti indicati dall'art. 357, comma 2, cod. proc. pen., nelle forme previste dall'art. 373 cod. proc. pen. non è previsto a pena di nullità o inutilizzabilità perle attività di polizia giudiziaria è sufficiente la documentazione anche in un momento successivo al compimento dell'atto e, qualora rivestano le caratteristiche dell'irripetibilità, è necessaria la certezza dell'individuazione dei dati essenziali, quali le fonti di provenienza, le persone intervenute all'atto e le circostanze di tempo e di luogo della constatazione dei fatti (Cass., Sez. 1, n. 34022/06, Delussu, Rv 234884, Sez. 3, n. 5777/14, PM in proc. Prosperi, Rv 258916 e Sez. 5, n. 25799/16, PG in proc. Stasi, Rv 267260).
Con riferimento alla questione di merito, i giudici di legittimità si sono concentrati a spiegare se la indicazione inserita nei menù fosse idonea o meno. In effetti nel menù il ristoratore aveva inserito la seguente espressione : "Gentile cliente, la informiamo che alcuni prodotti possono essere surgelati all'origine o congelati in loco (mediante abbattimento rapido di temperatura) rispettando le procedure di autocontrollo ai sensi del reg. CE 852/04. La invitiamo quindi a volersi rivolgere al responsabile di sala per avere tutte le informazioni relative al prodotto che desiderate" .
Sul punto la motivazione dei Giudici di merito è stata considerata dai giudici della Terza Sezione Immune da censure, infatti il sistema di informazione così come congegnato dal gestore del ristorante non era sufficiente a garantire una puntuale informazione sulle qualità del prodotto venduto, in particolare sull'origine fresca, congelata o surgelata del prodotto, in quanto l'iniziativa conoscitiva veniva lasciata alla intraprendenza del cliente .
In ogni caso, affermano i giudici della Corte, " buona fede nel contratto imponeva l'obbligo del ristoratore ad un'informazione completa ed adeguata a favore del consumatore. Se anche la normativa comunitaria prevedeva l'equiparazione del prodotto fresco a quello congelato, tale equiparazione valeva ai fini della disciplina igienico-sanitaria, ma non ai fini della disciplina civilistica".
Con riferimento all'elemento psicologico, i giudici hanno evidenziato che il dolo generico era enucleabile dai seguenti fatti: l'informazione tramite il menù non era adeguata per la conformazione e conformazione grafica che sfuggiva all'attenzione dell'avventore; i prezzi dei prodotti e la loro presentazione nel menù, unitamente alle caratteristiche di ristorazione d'élite dell'esercizio erano tali da indurre l'avventore medio a ritenere che il prodotto fosse fresco; per prassi aziendale, buona parte dei prodotti, specie quelli ittici, erano preparati ed abbattuti in loco anche se non destinati ad essere somministrati crudi; spesso, date le caratteristiche dell'offerta, i prodotti freschi acquisitati non erano sufficienti a soddisfare la domanda; al personale di sala non era stata impartita una specifica disposizione, affinché d'iniziativa, informasse i clienti dello stato fisico del prodotto congelato; al momento del controllo, non erano stati rinvenuti prodotti freschi analoghi a quelli congelati o surgelati presenti nelle celle frigorifere. Tali circostanze erano state ritenute altamente sintomatici del dolo, sia pure nella forma tentata.
Secondo la valutazione dei giudici di legittimità la decisione della Corte territoriale oggetto di impugnazione era immune da vizi logico- argomentativi , anzi si presentava priva di incoerenza e contraddittorietà ed era precisa e completa, pertanto hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto.
Si allega sentenza
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L´Avv. Giovanni Di Martino, coordinatore dello Studio insieme all´Avv. Pietro Gurrieri, nel 1986 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Catania. Da oltre 25 anni esercita la professione di avvocato con studio in Niscemi (CL) ed è iscritto all´Albo degli avvocati del Consiglio dell´Ordine di Gela oltre che in quello speciale dei Cassazionisti e in quello delle altre Giurisdizioni Superiori.
Ha ricoperto la carica di amministratore del Comune di Niscemi (CL) e quella di Vice Presidente Nazionale della Associazione "Avviso Pubblico Enti Locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie" (2007-2013),
Nel corso della sua carriera professionale ha assunto il patrocinio in favore di numerosi soggetti privati ed enti pubblici sia in sede giudiziaria ed extragiudiziaria, in diverse materie di diritto civile.