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I giudici della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 39006 del 27 agosto 2018, hanno chiarito che è illegittimo il sequestro di un'ingente somma di denaro nell'ambito di indagini per il reato di riciclaggio se manca la prova del reato presupposto o di legami con la criminalità organizzata.
I Fatti
Un signore mentre si trovava all' aeroporto di Malpensa, per imbarcarsi verso un paese estero, durante i controlli di sicurezza veniva scoperto con una somma di 163 mila euro circa. Per tale condotta veniva sottoposto ad indagini per il reato di cui all'art. 648-bis cod. pen. e la somma sottoposta a sequestro di polizia giudiziaria che poi veniva convalidato dal P.M.
La difesa nell'interesse dell'indagato, in considerazione dell'insussistenza di elementi da cui poter e ipotizzare la provenienza illecita della somma sottoposta a sequestro, presentava istanza di dissequestro che il PM rigettava. Il provvedimento di rigetto con apposita richiesta veniva opposto avanti a Giudice delle Indagini Preliminari competenti che all'esito dell'udienza camerale, rigettava..
A questo punto la difesa impugnava l'ordinanza emessa dal GIP con ricorso avanti la Corte di Cassazione deducendo la violazione di legge in relazione agli articoli 253 cod. proc. pen. e 648-bis cod. pen. e vizio di motivazione per manifesta illogicità. La difesa rilevava l'assoluta l'insussistenza di elementi dai quali poter ipotizzare la provenienza illecita della somma di denaro sottoposta a sequestro.
La Motivazione
I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso proposto assolutamente fondato.
Gli stessi hanno ricordato che per il sequestro probatorio di cose costituenti corpo di reato, il relativo provvedimento deve essere sorretto da idonea motivazione circa la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato . Nel caso di specie, in relazione al delitto di riciclaggio, gli stessi dovevano riferirsi alla possibilità di ipotizzare l'esistenza di un reato presupposto.
A tal fine è stato fatto rilevare che la motivazione del decreto di sequestro, coerentemente a quanto stabilito in ordine ai limiti imposti all'intervento penale sul tema delle libertà fondamentali e dei diritti dell'individuo costituzionalmente garantiti, quale è il diritto di proprietà garantito dall'art. 42 Cost. e dall'art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo - avrebbe dovuto far evidenziare in concreto il presupposto della finalità perseguita, per l'accertamento dei fatti, (Sez. 3, Sentenza n. 37187 del 06/05/2014, Rv 260241).
Nello specifico caso di sequestro di somme di denaro, deve essere evidenziata la possibilità effettiva, della configurabilità di un rapporto di queste con il reato stesso (Sez. 2, n. 29074 del 22/5/2018, Ndoj, non massimanta; Sez. 2, n. 26301 del 24/5/2016, Aslo, non massimata; Sez. 6, Sentenza n. 33229 del 02/04/2014 Rv. 260339).
I giudici della Seconda Sezione hanno affermato che "Il mero possesso di un'ingente somma di denaro, d'altro canto, non può giustificare, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo circa l'esistenza o meno di un delitto presupposto (od anche solo l'esistenza di relazioni con ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato, o l'avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita), l'elevazione di un'imputazione di riciclaggio (Sez. 2, n. 29074 del 22/5/2018, Ndoj, non massimanta; Sez. 2, n. 26301 del 24/5/2016, Asia, non massinnata) ".
Nel caso di specie il reato di riciclaggio che veniva contestato al possessore della somma di denaro sottoposta a sequestro, è risultato più frutto di una mera ipotesi astratta, basata esclusivamente sulla quantità del contante e non confortata da alcun elemento concreto.
Per tali motivazioni l'ordinanza impugnata, emessa dal GIP, è stata annullata senza rinvio.
Gli atti sono stati però trasmessi all'Ufficio delle Dogane di Malpensa per l'adozione dei provvedimenti di competenza a seguito della rilevata violazione amministrativa (Sez. 2, n. 26301 del 24/5/2016, Aslo, non massimata).
Si allega sentenza
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L´Avv. Giovanni Di Martino, coordinatore dello Studio insieme all´Avv. Pietro Gurrieri, nel 1986 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Catania. Da oltre 25 anni esercita la professione di avvocato con studio in Niscemi (CL) ed è iscritto all´Albo degli avvocati del Consiglio dell´Ordine di Gela oltre che in quello speciale dei Cassazionisti e in quello delle altre Giurisdizioni Superiori.
Ha ricoperto la carica di amministratore del Comune di Niscemi (CL) e quella di Vice Presidente Nazionale della Associazione "Avviso Pubblico Enti Locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie" (2007-2013),
Nel corso della sua carriera professionale ha assunto il patrocinio in favore di numerosi soggetti privati ed enti pubblici sia in sede giudiziaria ed extragiudiziaria, in diverse materie di diritto civile.