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Docenti: la sanzione in astratto comminabile determina chi è competente a irrogarla

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Con riguardo all'applicazione di sanzioni disciplinari nei confronti del personale docente, occorre avere riguardo alla sanzione astrattamente comminabile per determinare l'organo o l'ufficio competente alla relativa irrogazione. In buona sostanza, la competenza non potrà essere determinata in base a una valutazione rimessa al responsabile della struttura scolastica.

Questo ha statuito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20059 del 14 luglio 2021.

Ma vediamo nel dettaglio il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

Il MIUR ha appellato la sentenza con cui i Giudici di secondo grado hanno confermato la decisione di annullamento della sanzione disciplinare della sospensione dall'insegnamento per dieci giorni applicata al docente ricorrente in primo grado, perché emessa da organo incompetente (dal dirigente scolastico e non dall'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari). In buona sostanza, la Corte d'Appello ha affermato che la competenza del dirigente scolastico va individuata in relazione alla sanzione edittale astrattamente irrogabile, sulla base della disciplina sanzionatoria normativamente prevista, e non va, invece, stabilita sulla base di una valutazione ex ante, rimessa al responsabile della struttura, della gravità della violazione contestata e della sanzione in concreto irrogabile tra il minimo e il massimo previsti. 

Contro la decisione dei Giudici di secondo grado, il MIUR ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione della SC

Innanzitutto, occorre far rilevare che secondo il Ministero ricorrente, sussisterebbe, alla stregua della disciplina di riferimento, la competenza del dirigente scolastico a promuovere e a concludere il procedimento disciplinare in oggetto, venendo in rilievo l'entità della sanzione applicata in concreto, in rapporto alla gravità dell'infrazione; nello specifico, la sanzione della sospensione irrogata è stata inferiore a «più di dieci giorni». Ad avviso dei Giudici di legittimità tale motivazione non è fondata in quanto è pacifico in giurisprudenza l'orientamento secondo cui in materia di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, ai fini della determinazione della competenza dell'organo cui spetta la relativa irrogazione, è necessario prendere in esame il massimo della sanzione disciplinare come prevista in astratto (ossia normativamente) per l'infrazione commessa (Cass. nr. 28111 del 2019). E ciò in considerazione del fatto che la determinazione della competenza, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, deve avvenire:

  • in modo astratto e anteriormente al caso concreto (Cass. nr. 28111 del 2019):
  • in modo oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare (Cass. nr. 28111 del 2019) e da una valutazione del responsabile della struttura.  

Ciò premesso, con riferimento al personale docente, per l'infrazione commessa dall'insegnante, le norme di riferimento sono quelle di cui agli artt. 492, comma 2, lett. b) e 494, comma 1, lett. a), b) e c), D.Lgs. n. 297/1994 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione), secondo cui la sanzione irrogabile è la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio nella misura minima «fino a un mese». Queste norme vanno coordinate con l'art. 55-bis, comma 1, primo e secondo periodo, D.lgs. n. 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego), applicabile, alla questione in esame, ratione temporis nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 75/2017. In forza di quest'ultima disposizione per le sanzioni disciplinari che dispongono la sospensione dal servizio per più di dieci giorni, la competenza alla relativa irrogazione spetterebbe all'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (U.P.D.) e non al dirigente scolastico. Orbene nel caso di specie, al docente è stata comminata la sanzione della sospensione dall'insegnamento per dieci giorni. È evidente che l'infrazione commessa non rientra tra quelle «di minore gravità», per cui è prevista la sanzione del rimprovero verbale o sanzioni inferiori alla sospensione dal servizio per più di dieci giorni. Ne consegue che, in applicazione dei principi di cui all'orientamento giurisprudenziale su richiamato, tenendo conto della sanzione disciplinare irrogata per l'infrazione contestata al docente, prevista in astratto dalle norme su richiamate, ossia la sospensione dall'insegnamento nella misura sino a un mese, la competenza a comminarla non avrebbe dovuto essere del dirigente scolastico, ma dell'U.P.D. 

Alla luce delle svolte argomentazioni, la Corte di Cassazione, pertanto, ha rigettato il ricorso del MIUR. 

 

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