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Differenza, ricchezza da valorizzare, noi insegnanti diciamo no a barriere e pregiudizi

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 Da un paio di mesi nelle scuole di Peschiera Borromeo, nell'hinterland milanese, dal nido alla materna, c'è un nuovo menu. Un menu che ha scatenato le polemiche per la presenza del cous cous e l'assenza del maiale, prosciutto compreso. E in breve è diventato un caso nazionale. "Viene eliminato il maiale per fare posto al cous-cous, alimento tipico nordafricano. Ora sono i figli degli italiani a doversi adeguare alle esigenze alimentari di chi dovrebbe integrarsi?", è stato un pensiero diffuso. E adesso rieccoci. Ci risiamo. Crocifisso, presepe e canzoncina di Natale simboli della tradizione? Magari si trattasse solo di "tradizione". Dietro l'ingannevole argomento dell'identità culturale e della "tradizione" si nascondono ignoranza, insicurezze e manipolazioni. 

 Sempre più le nostre città accolgono persone provenienti da paesi diversi. Con gusti, tradizioni e modi di vivere differenti. Si tratta di cambiamenti che comportano solo problemi, come da tante parti ci sentiamo dire, oppure anche delle opportunità? E' la grande sfida dei nostri anni. Dialogare con altre genti e venire a contatto con costumi e tradizioni diverse dalle nostre, ci permette di comprendere le esigenze degli altri, imparare a rispettarle e ridurre il rischio di conflittualità causate dallo scontro tra differenti culture.


La sfida che la scuola deve perseguire è l'educazione al pensiero complesso delle differenze, valorizzando le diversità senza stereotipi, pregiudizi e conseguenti discriminazioni. Compito dell'istituzione scolastica è educare alla differenza, all'altro, al diverso, per creare presupposti di una cultura dell'accoglienza e per impedire l'omogeneizzazione culturale, con il sostanziale obiettivo di educare a considerare il diverso non come un pericolo per la propria sicurezza, ma come risorsa per la crescita interculturale e valoriale.
La grande varietà di popoli e culture è un patrimonio da non perdere, un bene che può contribuire a ridurre fame e povertà per arrivare ad uno sviluppo sostenibile. È questo il senso più profondo dell'articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quello che combatte ogni tipo di omologazione, in particolare in ambito culturale, dove la diversità rappresenta una fonte di arricchimento. In letteratura, nel cinema, nell'arte, nello sport, nel mondo della gastronomia e della moda e in numerose altre forme di espressione e di creatività, la diversità, tra l'altro, genera opportunità di creazione di nuovi posti di lavoro, dal momento che attira le industrie e le imprese in cerca di idee innovative. 


Ciò nonostante, siamo ancora piuttosto restii ad accettare la diversità culturale come un fattore di arricchimento, dimostrando una riluttanza alimentata da pregiudizi e convinzioni errate, a loro volta basate su dicerie, stereotipi e disinformazione. Pregiudizi, spesso derivanti dall'ignoranza delle altre culture, che continuano a incidere negativamente sul modo in cui le persone considerano gli altri. Un atteggiamento provocato anche da una percezione soggettiva ed inconscia, secondo la quale il concetto di diversità culturale rimanda a quello di cultura "straniera", "degli immigrati" o "di una minoranza", che rappresenta una minaccia per la cultura della popolazione maggioritaria.

 Dalla percezione negativa dell'altro scaturiscono paura e insofferenza, intolleranza e razzismo. L'ignoranza dei vantaggi offerti dalla diversità costituisce così un grave ostacolo per l'azione interculturale.
In tale contesto la scuola ha il compito di formare nei ragazzi l'atteggiamento di rispetto per l'altro, presentando la varietà e la diversità delle culture non come un limite, ma come fonte di arricchimento. La differenza non è un elemento da tollerare o combattere, bensì un bene da tutelare e da valorizzare.

 Maria Di Benedetto, insegnante e vicaria all'Istituto Comprensivo Portella della Ginestra - Vittoria

 

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