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Di Maio shock: "Don Diana ucciso altra volta". Bufera su blocco fondi familiari vittime

"Caro don Peppe, ti hanno ucciso un´altra volta. Non sono stati i camorristi, ma premier, sottosegretari e ministri".
Con queste parole, scritte su una lettera deposta sulla tomba di don Peppino Diana, ucciso dalla camorra a Casal di Principe e di cui il 19 marzo è ricorso l´anniversario dell´assassinio, il vice presidente della Camera Luigi Di Maio (M5s) ha posto la questione del blocco delle risorse destinate ai familiari delle vittime delle mafie: "Il Governo Renzi ha bloccato i fondi per risarcire i familiari delle vittime di mafia. Chi ha trovato il coraggio di denunciare la camorra non riceverà neanche il sostegno per le spese legali. Oggi è una passerella di ipocriti. A Palazzo Chigi hanno scelto da che parte stare, purtroppo non la tua".
"Oggi credo che nessuno" ha replicato Rosy Bindi, presidente dell´Antimafia, venga a fare la passerella ma in ogni caso non è questa la giornata per fare polemiche e per cercare più visibilità. Il problema dei risarcimenti credo sia solo momentaneo, martedì prossimo sentiremo il ministro dell´Interno Alfano in Commissione e gli chiederemo delle spiegazioni, anche se so che è cambiato il responsabile del Viminale che si occupava di fondi per le vittime e quindi bisognerà procedere ad una nuova nomina".
Più dirette le parole del ministro Maria Elena Boschi, che ha escluso nettamente un "taglio" ma non si è pronunciata sulla sussistenza di un "blocco".
Ma un "blocco", in realtà, esiste, è da tempo, come confermato dal resoconto della seduta della Camera dei Deputati del 18 marzo, dedicata alle interpellanze urgenti.
Proprio Di Maio, in quell´occasione, aveva chiesto chiarimenti al governo sulla questione: "Su proposta del ministro Alfano - aveva affermato il parlamentare - il governo ha nominato un commissario per il fondo. Questo commissario ha deciso di bloccare tutti i pagamenti e ha chiesto un parere all´avvocatura dello Stato per avere delle delucidazioni". Fatti, questi, subito confermati dal sottosegretario Manzione, secondo cui dal novembre 2015, il commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso aveva chiesto un parere al Consiglio di Stato, e nelle more aveva disposto il blocco del Fondo, blocco non ancora revocato, nonostante il parere fosse stato trasmesso da oltre un mese.
Queste le dichiarazioni del sottosegretario: “Nel corso del mese di novembre, il Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso ha chiesto un parere al Consiglio di Stato circa la corretta interpretazione da dare alla normativa di settore, in considerazione del fatto che, per le associazioni antimafia, non sono previsti particolari «requisiti di affidabilità», ai fini della legittimazione all´accesso al Fondo, come invece avviene per le associazioni antiracket e antiusura. Ai dubbi interpretativi legati alla differente estensione del diritto di accesso riconosciuto ai due tipi di enti, si è unita la constatazione che, negli ultimi anni, e precisamente dal 2011 a oggi, si è registrata un´inversione di tendenza che ha visto le associazioni costituite parte civile presentare un numero di domande di accesso al Fondo di rotazione superiore a quello delle stesse vittime. Questa situazione è stata ritenuta, evidentemente, meritevole di approfondimento. Il Consiglio di Stato, pur riconoscendo la sussistenza delle criticità segnalate dal Commissario, ha tuttavia rilevato come, a legislazione vigente, non sia possibile introdurre, per via regolamentare e tanto meno amministrativa, ovviamente, criteri selettivi o requisiti di legittimazione all´accesso al Fondo. In relazione all´orientamento espresso dalla Corte, notificato all´Amministrazione nello scorso mese di febbraio, l´ufficio per le attività del commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso ha reso noto che le istanze di rimborso presentate dalle associazioni ed enti in questione saranno esaminate dal Comitato competente fin dalle prossime sedute. In questo contesto, l’iniziativa del commissario, da cui è scaturita l’interpellanza, lungi dal poter essere etichettata come espressione di una volontà politica tesa ad eliminare l’intero associazionismo antiracket".
Il modo che l´on. Di Maio ha scelto per la sua denuncia è probabilmente discutibile. Una cosa è la polemica politica, altro il coinvolgimento, seppure indiretto, di luoghi di memoria, e di sacralità, che dovrebbero essere considerati inviolabili. Ma che un blocco ci sia, lo ha ammesso il Governo. Che si sia trattato di un blocco ingiustificato, è rilevabile dal tenore della risposta del Consiglio di Stato. Che ci sia stato un ritardo a provvedere dopo quella risposta, è altrettanto incontrovertibile, come anche denunciato da alcuni familiari, come la moglie dell´imprenditore Domenico Noviello, ucciso dalla camorra che, rilasciando delle dichiarazioni al Mattino di Napoli, ha fatto presente che l´istruttoria sulla propria domanda era stata sospesa proprio a causa di un blocco mai revocato.
Sta di fatto che il 21 marzo, giorno scelto adesso anche dal Senato per ricordare le vittime innocenti della mafia, il Fondo non è stato ancora sbloccato, come auspicato anche dal presidente di Libera, don Luigi Ciotti, che anche il 19 è tornato sull´argomento chiedendo alla politica di assumersi le proprie responsabilità, parole, non a caso, riprese da Di Maio nella sua replica al ministro Boschi.

 

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