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Dalla Cassazione nuovo alt ai Giudici: "Illegittimo liquidare compensi inferiori al decoro della professione"

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​Non è possibile al giudice liquidare agli avvocati a titolo di compensi ed onorari per l'opera prestata nel processo somme inferiori al decoro della professione". È, in sintesi estrema, il principio enunciato dalla Suprema Corte di cassazione, sezione sesta civile, con ordinanza numero 1522/2019, depositata il 21 gennaio 2019, in esito ad un ricorso con il quale era stata chiesta la Cassazione di una sentenza ritenuta errata sul punto, relativa ad una controversia  in materia di riparazione per l'ingiustificato durata del processo ex legge Pinto.

Proprio in questa materia, è invalsa la deprecabile consuetudine di molte corti territoriali, e di altrettanto numerosi Tribunali amministrativi per le fasi di esecuzione del giudicato che rappresentano purtroppo un rimedio necessario a fronte del protrarsi dell'inadempimento dei Ministeri per l'Economia e per la Giustizia, chiamati rispettivamente a provvedere alle liquidazioni dei ricorsi a seconda che abbiano ad oggetto il ritardo nella definizione di una controversia amministrativa o civile, di liquidare agli avvocati somme talmente ridotte da risultare largamente inferiori alle stesse spese necessarie per affrontare e gestire il procedimento giudiziario. Condotta, questa, che con la nuova pronuncia della Suprema corte, e nel solco, peraltro di Un orientamento ormai consolidato, potrebbe essere dissuasa per il futuro.

 Riportiamo, in ultimo, il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con la pronuncia in commento, per il resto scaricabile nel suo testo integrale: "Il procedimento per l'equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo - di cui alla L. n. 89 del 2001 - vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione nel D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tabella 12 allegata (cfr. Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6-2, 14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352). Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell'art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. La liquidazione disposta dalla Corte di Perugia opera, invece, una globale determinazione dei compensi, in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tabella 12 allegata, senza dare alcuna adeguata motivazione (Cass. Sez. 6-3, 15/12/2017, n. 30286; Cass. Sez. 6 - L, 31/01/2017, n. 2386; Cass. Sez. 6-1, 16/09/2015, n. 18167).

 

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