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Con l'ordinanza n. 21848 dello scorso 11 luglio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione – pronunciandosi in materia di compensi legali – ha accolto le doglianze di una parte che lamentava la scelta del giudice di merito che, nel liquidare il compenso dovuto in un giudizio di risarcimento danni, non aveva riconosciuto il rimborso del contributo unificato.
La Corte ha specificato che "qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese e, nell'ambito di essa, non contenga alcun riferimento alla somma pagata dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato, la decisione di condanna deve intendersi estesa implicitamente anche alla restituzione di tale somma, in quanto il contributo unificato, previsto dall'art. 13 del D.P.R. n. 115/2002 costituisce un'obbligazione ex lege di importo predeterminato, che grava sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, la cui statuizione può conseguentemente essere azionata, quale titolo esecutivo, per ottenere la ripetizione di quanto versato in adempimento di quell'obbligazione".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda presentata da un medico, volta ad ottenere – nei confronti del proprio datore di lavoro, un Ospedale Pediatrico – il risarcimento del danno patito per un demansionamento già accertato in altro giudizio.
La Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta, condannava l'ospedale pediatrico al pagamento della complessiva somma di Euro 12.231,00 ed a rifondere al ricorrente le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in Euro 2000,00 per il primo grado e in Euro 3000,00 per l'appello.
Il medico proponeva ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 13 del D.P.R. n. 115/2002 , lamentandosi per non aver il Tribunale riconosciuto il rimborso del contributo unificato, nonché per aver il giudice violato le tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 perché non si era attenuta ai valori medi né a quelli minimi, senza fornire alcuna motivazione a sostegno della scelta operata.
La Cassazione condivide le censure sollevate dal ricorrente.
La Corte ricorda che allorquando il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali non contenga la statuizione circa il rimborso del contributo unificato, la liquidazione costituisce comunque titolo per il riconoscimento del rimborso stesso.
In particolare, gli Ermellini enunciano il principio di diritto secondo cui qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese e, nell'ambito di essa, non contenga alcun riferimento alla somma pagata dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato, la decisione di condanna deve intendersi estesa implicitamente anche alla restituzione di tale somma, in quanto il contributo unificato, previsto dall'art. 13 del D.P.R. n. 115/2002 costituisce un'obbligazione ex lege di importo predeterminato, che grava sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, la cui statuizione può conseguentemente essere azionata, quale titolo esecutivo, per ottenere la ripetizione di quanto versato in adempimento di quell'obbligazione.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva come, nel giudizio di primo grado, il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali non conteneva alcun riferimento alla somma pagata dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato.
Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione.
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