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Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 16946 del 13 novembre 2023, è tornata sulla distinzione tra provvedimento meramente confermativo e conferma in senso proprio, precisando, altresì, che i motivi di ricorso proposti avverso un atto di conferma in senso proprio sono inammissibili, perché rivolti ad annullare un provvedimento già rimpiazzato.
Secondo quanto si legge nella decisione in commento, un provvedimento è meramente confermativo nel caso in cui venga ribadita la decisione assunta nell'atto precedente, senza alcuna rivalutazione degli interessi, né nuovo apprezzamento dei fatti; mentre è di conferma (in senso proprio) qualora l'Amministrazione proceda ad un riesame della precedente decisione, attraverso una nuova valutazione degli elementi di fatto acquisiti (ovvero, l'acquisizione di nuovi elementi), o, ancora, mediante rinnovata ponderazione de gli interessi coinvolti.
La distinzione fra "conferma" ed "atto meramente confermativo", prosegue la sentenza, risiede nel fatto che solo la prima – e non il secondo – va a sostituire l'atto confermato, con improcedibilità del ricorso proposto contro di esso: il criterio distintivo dovendo ravvisarsi nella circostanza per cui:
- la conferma è emessa dopo una nuova considerazione della fattispecie concreta, e in particolare dopo una nuova istruttoria;
- diversamente, l'atto meramente confermativo non fa che ripetere la precedente volontà dell'Amministrazione, che come tale non viene toccata.
Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la nota del Comune oggetto di ricorso introduttivo, costituisse una conferma in senso proprio della determinazione dirigenziale oggetto di motivi aggiunti, atteso che tale nota – lungi dal limitarsi a rinviare a detta determinazione dirigenziale – aveva provveduto a confermare quest'ultima all'esito di una puntuale valutazione delle controdeduzioni difensive della società ricorrente.
Dunque, poiché la nota del Comune oggetto di ricorso introduttivo era una conferma in senso proprio della determinazione dirigenziale oggetto di motivi aggiunti, i motivi aggiunti sono stati ritenuti inammissibili, per carenza di interesse ad agire, essendo questi ultimi diretti a caducare un provvedimento che era stato già rimpiazzato e sostituito dalla nota impugnata con il ricorso introduttivo.
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Paola Mastrantonio, avvocato; amante della libertà, della musica e dei libri. Pensiero autonomo è la mia parola d'ordine, indipendenza la sintesi del mio stile di vita. Laureata in giurisprudenza nel 1997, ho inizialmente intrapreso la strada dell'insegnamento, finché, nel 2003 ho deciso di iscrivermi all'albo degli avvocati. Mi occupo prevalentemente di diritto penale. Mi sono cimentata in numerose note a sentenza, pubblicate su riviste professionali e specializzate. In una sua poesia Neruda ha scritto che muore lentamente chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno. Io sono pienamente d'accordo con lui.