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Con la sentenza n. 8337 dello scorso 15 marzo, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno escluso il conflitto di interessi in capo ad un legale che aveva assunto incarichi professionali a favore di una società in nome collettivo e, poi, a favore di due soci in un giudizio di accertamento della giusta causa di recesso, intrapreso contro tutti i soci e contro la società, da altro socio recedente.
Si è difatti ritenuto che l'avere assunto incarichi pur sempre per la società o per soci in posizioni analoghe (quelli non receduti), in posizione contrapposta a quella di altro socio (quello receduto), non integra l'illecito de quo.
Sul merito della questione aveva statuito, inizialmente, il Consiglio dell'Ordine di Brescia che, con sentenza, infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione a un legale in relazione alla responsabilità per l'illecito di cui all'art. 24 del codice deontologico, per avere egli prestato attività difensiva in conflitto di interessi, avendo dapprima assunto incarichi professionali a favore di una società in nome collettivo e, poi, a favore di due soci della medesima società in un giudizio di accertamento della giusta causa di recesso, intrapreso contro tutti i soci e contro la società, da altro socio recedente.
Il Consiglio Nazionale Forense, confermava la sanzione applicata, rilevando come l'avere assunto incarichi professionali pur sempre per la società, ma alcuni quando della stessa era parte il socio recedente e l'altro quando questi era receduto, al fine di resistere al medesimo nel giudizio sul recesso per giusta causa dal medesimo intrapreso, integrava, per il legale, il conflitto di interessi ex art. 24, comma 1 del codice deontologico forense.
A sostegno di tanto, il C.N.F., in punto di diritto, riteneva integrato il conflitto di interessi sul presupposto che la società in nome collettivo fosse priva di personalità giuridica ed i soci fossero personalmente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali, onde l'incarico assunto nell'interesse della società veniva automaticamente assunto anche nell'interesse dei soci.
Il legale, ricorrendo in Cassazione, si doleva per non avere il C.N.F. considerato che la società di persone è soggetto giuridico autonomo, sicché – nel caso di specie - il cliente mandante e parte assistita era solo la società, e non mai i singoli soci
La Cassazione condivide la posizione del ricorrente.
Le Sezioni Unite ricordano che, ai sensi dell'art. 24 del codice deontologico forense sul conflitto di interessi, l'avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale, quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
Elemento costitutivo della norma è l'individuazione della "parte assistita" e del "cliente" del professionista, ossia del soggetto che gli abbia conferito mandato, in relazione ad un diverso soggetto per il quale pure egli abbia assunto l'incarico professionale, ma in conflitto di interessi col primo.
Calando tali concetti nel caso di specie, al fine di individuare che fosse la parte assistita e il cliente del professionista, la sentenza in commento compie un essenziale approfondimento sul diritto societario.
Nel diritto societario, costituisce principio da tempo affermato che le società personali, pur prive di personalità giuridica, sono soggetti del diritto.
Ai sensi degli articoli 2267, 2191 e 2313 c.c., il socio illimitatamente responsabile di una società personale risponde per le obbligazioni sociali: si tratta di una responsabilità assimilabile ad una garanzia patrimoniale legale, che ha i caratteri di una responsabilità immediata, solidale, sussidiaria e per obbligazione altrui.
Difatti, la società costituisce un distinto centro di interessi e imputazione di situazioni, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci; la responsabilità verso terzi dei soci si atteggia come una forma di garanzia fissata ex lege, tanto che il socio, il quale ha provveduto a pagare il debito sociale, ha azione di regresso nei confronti della società .
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano l'errore di diritto, contenuto nella decisione impugnata, laddove si è ravvisato il conflitto di interessi rilevante ex art. 24 del codice deontologico forense sul presupposto che l'incarico assunto nell'interesse della società in nome collettivo andava riferito automaticamente anche a un interesse dei singoli soci: tale argomentazione, difatti, si pone in contrasto con i soprarichiamati principi consolidati in tema di diritto delle società personali.
Ne deriva, che l'avere assunto incarichi pur sempre per la società o per soci in posizioni analoghe (quelli non receduti), in posizione contrapposta a quella di altro socio (quello receduto), non integra l'illecito de quo.
In conclusione, la Corte, pronunciando a Sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la sanzione inflitta dal Consiglio distrettuale di disciplina di Brescia all'avvocato, condannando il Consiglio dell'ordine di Brescia al pagamento delle spese processuali.
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Esercito la professione forense nel Foro di Bari, occupandomi prevalentemente di diritto civile ( responsabilità contrattuale e extracontrattuale, responsabilità professionale e diritto dei consumatori); fornisco consulenza specialistica anche in materia penale, con applicazione nelle strategie difensive della formula BARD.