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Concorso pubblico: è viziato se tra membro commissione e candidato vi è rapporto di lavoro stabile

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Nel settore dei concorsi pubblici, i casi in cui i membri della commissione giudicatrice versano in una situazione di incompatibilità sono disciplinati dall'art. 51 c.p.c., disposizione, questa, che stabilisce in modo tassativo quali sono le situazioni in cui, nel corso del processo civile, il giudice ha l'obbligo di astenersi. Tali casi, in ossequio al principio di imparzialità, si estendono a tutti i campi dell'azione amministrativa, non limitandosi al processo civile. In particolare, nei concorsi, è stato ritenuto che affinché sussista un vero e proprio obbligo di astensione deve essere dimostrata che tra membro della commissione di esame e candidato sussista «un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici ovvero un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità» (Cons. Stato, Sez. VI, 10/7/2017, n. 3373; 16/4/2015, n. 1962; 9/4/2015, n. 1788; 13/03/2013, n. 1512; 13/9/2012, n. 4858; 31/5/2012, n. 3276; 22/6/2011, n. 3755; 17/3/2010, n. 1567; 29/7/2008, n. 3797; Sez. III, 31/1/2020, n. 796; 30/7/2019, n. 5397). Ne consegue che ove, tale obbligo di astensione non sia assolto, detta mancanza vizierà la procedura concorsuale.

Questo è quanto ha statuito il Consiglio di Stato con sentenza n. 3804 del 15 giugno 2020.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

L'appellante è un professore universitario associato e nel 2001 ha proposto «al proprio ateneo l'attivazione di uno spin off accademico per lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di uno strumento per la determinazione di inquinanti nell'acqua» . 

È accaduto che con rogito notarile è stata costituita tra l'Università, l'appellante e le sue due collaboratrici, assegniste universitarie, una società a responsabilità limitata per l'esercizio dell'attività oggetto di cui al predetto spin off. Costituita la società, si sono susseguiti numerosi incarichi affidati da quest'ultima all'ateneo, mediante apposite convenzioni, aventi ad oggetto ricerche e progetti condotti sotto la responsabilità dell'appellante, unitamente al gruppo di lavoro di quest'ultimo. A seguito delle modifiche al sistema universitario, l'Università «ha deciso di dismettere la propria partecipazione nelle diverse società aventi caratteristiche di spin off, tra cui quella costituita dall'appellante. A tal fine è stata avviata un'apposita attività istruttoria preordinata alla quantificazione del valore delle quote universitarie e alla successiva cessione delle stesse, che, con riguardo alla società dell'appellante, non è andata a buon fine». In buona sostanza, è stata lamentata una violazione perpetrata da parte del professore per aver quest'ultimo «tenuto comportamenti gravemente lesivi della dignità e dell'onore del professore universitario e consistenti nell'aver posto in essere reiterate condotte incompatibili con lo status di professore universitario e in palese conflitto di interessi, per aver contemporaneamente ricoperto, tra gli altri, il ruolo di presidente della commissione della procedura concorsuale che nell'anno 2011 aveva affidato alle assegniste, sue socie, un assegno di ricerca. Per tali violazioni, il rettore ha adottato un decreto con cui è stata irrogata al ricorrente «la sanzione disciplinare della sospensione dall'ufficio e dallo stipendio per la durata complessiva di mesi 9» . L'incolpato ha impugnato dinanzi al Tar tale provvedimento. Senonché, l'autorità giudiziaria adita ha rigettato il ricorso del ricorrente.

Il caso è, così, giunto dinanzi al Consiglio di Stato.

Ripercorriamo il suo iter logico-giuridico. 

La decisione del CdS.

Il Consiglio di Stato si sofferma, tra gli altri motivi d'appello, sulla questione della sussistenza di un obbligo di astensione dell''appellante nella procedura concorsuale che nell'anno 2011 aveva affidato alle due socie dello stesso appellante un assegno di ricerca. In particolare, i Giudici di secondo grado affermano che le cause di incompatibilità di cui all'art. 51 c.p.c., si estendono , «in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell'azione amministrativa, e rivestono carattere tassativo e, come tali, sfuggono ad ogni tentativo di estensione analogica, stante l'esigenza di assicurare la certezza dell'azione amministrativa (fra le tante Cons. Stato, Sez. VI, 30/7/2013, n. 4015)». La disposizione su citata fa riferimento all'obbligo in cui il giudice, nel processo civile, ha l'obbligo di astenersi. Orbene, nei concorsi pubblici, tale obbligo che incombe sui membri della commissione d'esame va assolto quando tra questi e il candidato intercorre un rapporto di lavoro o professionale stabile «con la presenza di interessi economici ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità (Cons. Stato, Sez. VI, 10/7/2017, n. 3373; 16/4/2015, n. 1962; 9/4/2015, n. 1788; 13/03/2013, n. 1512; 13/9/2012, n. 4858; 31/5/2012, n. 3276; 22/6/2011, n. 3755; 17/3/2010, n. 1567; 29/7/2008, n. 3797; Sez. III, 31/1/2020, n. 796; 30/7/2019, n. 5397)». Tornando al caso in esame, appare evidente che tale obbligo sussisteva in capo all'appellante, dal momento che le assegniste nel 2011 erano socie della società costituita nel 2001 e tra queste ultime e il professore intercorreva, all'epoca del concorso, un rapporto che andava oltre a quello accademico. In buona sostanza, si trattava di un rapporto professionale stabile. A causa della mancata astensione del professore, la procedura concorsuale risulta viziata e la sussistenza del vizio procedurale prescinde dalla dimostrazione che in concreto «la valutazione all'epoca sia stata il frutto di un apprezzamento fiduciario, essendo sufficiente il mero sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità».

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Consiglio di Stato ha respinto l'appello. 

 

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