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Concorso di ateneo truccato, un candidato coraggioso denuncia, tre baroni condannati a Ragusa,

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Concorsi all'Università, tabù. Una delle riserve indiane passate indenni dagli anni di Tangentopoli e dalle principali inchieste della magistratura, un impero rimasto in mano a baroni ed aristocrazie varie, nel quale tutto sembra consentito, e al cui interno gli esami per ricercatori, associati ed ordinari sembrano continuare ad essere ipotecati, a partire dalla pubblicazione dei bandi con la quale sono aperti i relativi procedimenti, nei loro esiti finali, in una logica di stretta cooptazione in cui i principi di meritocrazia appaiono, in molti casi - non può farsi di tutta l'erba un fascio - mere enunciazioni di principio.

Così, almeno, nella maggioranza dei casi e secondo l'opinione comune, consolidata dai boatos di chi ha vissuto quelle esperienze, passando da forche caudine e percorsi ad ostacoli continui. Ma non mancano le eccezioni e c'è chi si ribella. Come è accaduto in Sicilia, a torto considerata terra di omertà. Ed allora, ecco la sentenza emessa ieri dal Tribunale di Ragusa, che ha condannato tre docenti universitari - Simone Neri Serneri, Luigi Masella e Alessandra Staderini - ad un anno di reclusione ciascuno, con i benefici della sospensione condizionale della pena, ma con  l'interdizione dai pubblici uffici il con il divieto di assumere altre cariche presso persone giuridiche ed imprese, per abuso d'ufficio, ritenendoli responsabili di aver truccato un concorso quali componenti della commissione d'esame. In particolare, il concorso per un posto di ricercatore di Storia contemporanea a Ragusa, sede decentrata dell'Università di Catania. 

Giambattista Scirè, originario di Vittoria, è stato il talentuoso ricercatore discriminato dalla triade della commissione a tutto vantaggio di un'altra partecipante, un architetto, che non possedeva affatto i titoli del primo.  Il ricercatore - al quale Il Tribunale ha riconosciuto, intanto,  la somma di 10mila a titolo di provvisionale e che ha già vinto numerosi ricorsi al TAR - ha partecipato alle prove per la copertura di quel posto, ha subito una ingiustizia e, invece di abbozzare, non se l'è tenuta, e - incurante delle conseguenze  che la sua condotta avrebbe potuto avere - ha preso carta e penna  e ha denunciato i fatti alla locale procura della Repubblica, ed insieme a questo si è rivolto al giudice amministrativo.  

Da qui l'apertura delle indagini, che si sono risolte con l'instaurazione di un procedimento penale ed una condanna che, se pure  piuttosto rara nel panorama accademico italiano, è tuttavia importante, in quanto sono state sanzionate condotte inaccettabili, almeno secondo quanto ritenuto dai giudici, ma anche perchè Scirè ha dimostrato che, accendendo i riflettori  e non rassegnandosi  alle consuetudini e all'omertà, non esistono terreni nei quali la legalità non possa essere la regola, cosi come è giusto che sia.  Ciò che è avvenuto nel caso in questione, con l'aggiunta che nel mese di marzo 2018 l'Università di Catania si è rivolta alla Corte dei conti per chiedere i danni ai tre docenti.

Giambattista Scirè, lo storico dalla cui iniziativa è nato tutto, può essere soddisfatto. Ma a lui vanno riconosciuti meriti  che superano di gran lunga il caso singolo, in quando il suo esempio ha concorso ad accendere i riflettori su una realtà magmatica e poco visibile alla magistratura e perfino ai media, e ad incoraggiare quanti sono vittime di ingiustizie a denunciare pubblicamente l'accaduto, anche tramite le associazioni che, nel frattempo, sono venute a crearsi, tra le quali l'Osservatorio indipendente sui concorsi universitari e a l'associazione "Trasparenza e merito". 

Quindi, questo ricercatore merita il nostro pubblico plauso e quello di ogni persona perbene. Denunciare i bandi su misura, come anche le condotte di commissioni compiacenti, non è solo un comportamento che concorre a promuovere la legalità e a difendere i propri diritti, ma è cosa che appartiene alla dignità di cittadini. Grazie a Giambattista Scirè, su quella cattedra dovrebbe salirci subito lui, non solo per la sua indiscutibile preparazione ma anche ad honorem. Professore di storia, ma soprattutto di etica.

 

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