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Compenso avvocato e preventivo

accordo

 La legge annuale sulla concorrenza per l'anno 2017 è intervenuta modificando l'art. 13 della legge riguardante la "nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense" n. 247/2012 e stabilendo l'obbligo per il professionista avvocato di redigere il preventivo ai clienti.

D'altronde, l'art. 27 dedicato ai "Doveri di informazione" del Codice di deontologia Forense, stabilisce al comma 2 che l'avvocato deve informare il cliente e la parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili; deve inoltre se richiesto comunicare in forma scritta a colui che conferisce l'incarico il prevedibile costo della prestazione.

L'avvocato è tenuto a esplicitare nel preventivo:

  • il livello di difficoltà dell'incarico;
  • gli oneri ipotizzabili da sostenere dall'inizio alla fine dell'incarico;
  • la misura prevedibile del costo della sua prestazione, distinguendo nel dettaglio le voci relative alle spese, anche forfettarie, agli oneri e al compenso. Queste informazioni devono essere fornite al cliente in forma scritta, a prescindere da una sua richiesta specifica.

Alla luce di quanto appena visto si può affermare che il preventivo di spesa è obbligatorio e che lo stesso deve essere redatto in forma scritta. 

 La questione è però un'altra e cioè se il preventivo scritto sia in grado di condizionare il diritto dell'avvocato a percepire il proprio compenso per l'attività svolta.

A tal riguardo viene in rilievo l'ordinanza n. 33.193 del 2022  emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, a seguito della controversia nata tra un avvocato e il proprio cliente.

Il cliente difatti  contestava  l'importo e il fatto che l'avvocato non lo avesse messo al corrente di quanto avrebbe speso per il giudizio non predisponendo un preventivo di spesa in forma scritta.

I Giudici precisavano pertanto che, ai fini del riconoscimento del diritto al compenso,  non occorre il preventivo scritto, ma, il contratto di mandato professionale che non è soggetto a particolari vincoli di forma.

 La prestazione professionale si caratterizza per essere soggetta al pagamento di un compenso, pertanto, il professionista deve limitarsi a provare di avere ricevuto l'incarico a eseguire la prestazione e di averla adempiuta.

La Cassazione completa poi la questione del compenso dell'avvocato, ricordando alcuni principi, già sanciti, sui criteri di determinazione del compenso.


La norma di riferimento per il compenso degli avvocati è l'art. 2233 c.c,  che afferma che il compenso se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decorso della professione. Sono nulli se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali.

Nell'ordinanza il criterio preferenziale per la determinazione del compenso è affidato all'accordo cliente e avvocato. In subordine, per determinare il compenso deve farsi ricorso alle tariffe o agli usi e solo qualora non sia possibile ricorrere a queste modalità la determinazione del compenso spetta al Giudice, che però non è libero di determinarlo, difatti, dovrà attenersi ai parametri ministeriali.

Inoltre, l'avvocato che non provveda a redigere il preventivo scritto, si espone a eventuali azioni civilistiche del cliente e non solo.


 

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