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Commercialisti, Cassazione: redazione ricorso non dà titolo ad esigere onorario per consulenza se manca presupposto

Lo ha dichiarato la Suprema Corte di Cassazione, Sezione I Civile, con Sentenza 3/5/2016 n. 8742.
Decidendo in ordine alla contestazione della decisione del tribunale in punto di riconoscimento della attività di consulenza tributaria da parte del dottore Commercialista controricorrente, ed avuto riguardo alla decisione del Tribunale, in sede di reclamo, di modifica dell´entità del credito, ricondotta entro la forbice - dal lato inferiore - dei riferimenti di tariffa, di contro alla a soli 10.000 Euro del compenso, la Corte ha rilevato che il Tribunale ha fatto discendere la prova della consulenza tributaria dalla circostanza che tale attività c´era stata, sia pur errando per difetto nella sua quantificazione, già riconosciuta dal primo giudice, che aveva però fissato una misura inferiore a quella di tariffa.
La Corte ha però ritenuto detta statuizione non condivisibile, in quanto per un verso - nel più generale tenore della motivazione - premetteva di volersi ispirare alla teoria del cd. quid pluris, ove la consulenza tributaria integra una prestazione professionale che non coincide nè con la assistenza professionale nè con la mera difesa in giudizio, ma per altro verso era carente di una adeguata e riconoscibile motivazione di tale scelta.
La Corte di Cassazione ha quindi dato continuità nella sua interezza all´orientamento per cui in materia di patrocinio tributario (anche nella specie, svolto da un dottore commercialista), la redazione di un ricorso e di una memoria difensiva in materia tributaria non comporta necessariamente anche un´attività di consulenza tributaria, per la cui ricorrenza occorre un di più rappresentato dall´analisi della legislazione, della giurisprudenza e delle interpretazioni dottrinarie e dell´amministrazione finanziaria di problemi specifici, come previsto dal D.P.R. n. 645 del 1994, art. 46; il relativo accertamento - cioè dei presupposti per il cumulo dei relativi onorari con quelli inerenti alle prestazioni di assistenza e rappresentanza - è riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità soltanto se affetto da vizio di motivazione (Cass. 16159/201; 15666/2007).
Non sussiste pertanto, ha affermato la Sezione, alcun meccanismo di attribuzione automatica dei citati compensi, ravvisandosi nel loro possibile e predetto cumulo un preciso dovere di dare conto delle prestazioni aggiuntive cui si vorrebbero riferire, con onere innanzitutto a carico dell´interessato.
Mentre, al contrario, il decreto impugnato non riportava le attività specifiche che il dottore commercialista avrebbe espletato, oltre alla redazione dei ricorsi (e all´attività difensiva culminata nella sentenza della C.T.R. n. 281/5/08).
Segue Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio - Presidente -

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -

Dott. DE CHIARINI Maria Margherita - Consigliere -

Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Fallimento Salernitana sport s.p.a., in persona del curatore fallimentare p.t., rappr. e dif. dall´avv. Domenico Spagnuolo, elett. dom. presso il suo studio in Roma, via XX Settembre n. 3, come da procura in calce all´atto;

- ricorrente e controricorrente sul ricorso incidentale -

S.G., rappr. e dif. dall´avv. Antonio Rizzo, elett. dom. in Roma, presso lo studio dell´avv. Donato Bruno, in Roma, via Veneto n. 7, come da procura a margine dell´atto - controricorrente e ricorrente in via incidentale -

- intimato -

per la cassazione del decreto Trib. Salerno 1.6.2010, cron. 3585/10;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 5 aprile 2016 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito gli avvocati Domenico Spagnolo per il ricorrente e Matteo De Crescenzo per il controricorrente;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

Svolgimento del processo

Il Fallimento Salernitana sport s.p.a. impugna il decreto Trib.

Salerno 1.6.2010 (cron. 3585/10) con cui veniva parzialmente accolto il reclamo di S.G. avverso il decreto 9.11.2009 del giudice delegato del fallimento Salernitana sport s.p.a., nella parte in cui esso aveva revocato precedenti provvedimenti di liquidazione del compenso professionale emessi il 23.12.2008 e 7.4.2009 in favore del professionista dottore commercialista, confermando lo stesso decreto 9.11.2009 in punto di liquidazione positiva delle competenze, quantificate per spese vive, indennità ed onorari ai sensi dell´art.48 e tabelle Tab 2F e Tab 3 n. 2 e con riguardo alle sentenze tributarie n. 281/5/08 e 752/13/07, nonchè riformando il medesimo decreto 9.11.2009 quanto alla entità della voce relativa alla assistenza tributaria di cui all´art. 49, Legge Professionale, così riconoscendo per essa l´importo di Euro 72.565,30 ancora per il giudizio su sentenza C.T.R. Salerno n. 281/5/08. Il reclamo era invece rigettato quanto alla richiesta assistenza tributaria concernente il giudizio su sentenza C.T.P. Salerno n. 752/13/07.

Rilevò il tribunale, in primo luogo, l´insussistenza di un potere di revoca dei provvedimenti di liquidazione del compenso agli ausiliari del curatore, una volta che tale attività determinativa si sia estrinsecata in un provvedimento positivo, incidendo su diritti soggettivi sia del debitore che del creditore e nel riscontro del mancato reclamo ai sensi della L. Fall., art. 26.

In secondo luogo, il collegio salernitano osservò che per la disamina della congruità della liquidazione del medesimo compenso, relativo a prestazioni unitariamente rese nell´ambito della difesa della procedura in giudizi davanti alle commissioni tributarie, poteva trovare applicazione un criterio di merito orientato dal tenore letterale della stessa richiesta del professionista che, invocando una determinazione della parte pubblica (il fallimento) tra i minimi e i massimi tariffari, si rimetteva peraltro alla medesima per una quantificazione secondo equità. Così, appariva corretta la liquidazione operata dal giudice delegato, posto che essa era stata espressa con unico compenso avendo riguardo ai due giudizi relativi alle sentenze nn. 281/5/08 e 752/13/07, la seconda resa da C.T.P. Salerno su ricorsi riuniti. Per essi doveva tuttavia ammettersi la voce, invece disattesa dal giudice delegato, della assistenza tributaria ai sensi dell´art.49 della tariffa secondo la legge professionale, da riconoscersi nel minimo di Euro 72.565,30 una sola volta e per il primo dei due giudizi (C.T.R.) e da negarsi per il secondo (C.T.P.), in difetto di prova di autonoma consulenza tributaria e per il quale comunque il difensore aveva conseguito liquidazione per compensi pari ad oltre 104 mila Euro (su un valore unitario dei quattro ricorsi di 20.750.000 Euro). Il difetto di prova della consulenza tributaria era a sua volta tratto dal tenore dell´attività dei ricorsi, privi di particolari approfondimenti, di fatto operati in prosecuzione di attività già svolta da professionista quando la società era in bonis, avvalendosi di giudizi perseguiti dal cliente e riproponendo temi avanzati negli altri ricorsi, conclusisi negativamente per la curatela.

Il ricorso principale è affidato a sei motivi, ad esso resiste S. con controricorso e ricorso incidentale su un motivo ed al quale infine la curatela resiste con controricorso. Il fallimento ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione della L. Fall., artt. 23, 25, 26 e 107, oltre che art. 487 c.p.c., avendo errato il tribunale ove ha riconosciuto la irrevocabilità degli atti del giudice delegato, da affermare invece in via generale finchè essi non abbiano avuto esecuzione, come avvenuto nella specie avendone il giudice sospeso l´attuazione e comunque riferendosi ogni definitività alla pronuncia del tribunale che decida sul reclamo.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione sul punto della revoca dei primi decreti di liquidazione, giustificata dal giudice delegato in relazione alla valutazione complessiva dell´operato del professionista solo con la presentazione da parte di questi della istanza finale.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 2233 e 2697 c.c., e art. 116 c.p.c., ancora L. Fall., artt. 23, 25 e 26, D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, artt. 4, 46 e 49, e vizio di motivazione, ove il tribunale ha erratamente riconosciuto una consulenza tributaria come prestazione aggiuntiva e cumulata alla assistenza in giudizio ed invero non provata quale quid pluris rispetto alla difesa.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 2233 e 2697 c.c., e art. 116 c.p.c., ancora L. Fall., artt. 23, 25 e 26, D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, artt. 4, 46 e 49, e vizio di motivazione, ove il tribunale ha trascurato che l´avere riconosciuto il giudice delegato l´attività di consulenza tributaria per 10.000 Euro e sia pur solo per un giudizio, non esimeva il collegio dall´esercizio del dovere di rivalutazione integrale della richiesta, stante la portata devolutiva del reclamo.

Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 1326 e 2233 c.c., L. Fall., artt. 25 e 26, D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, artt. 4, 46 e 49, e vizio di motivazione, ove il tribunale ha riconosciuto, in sostituzione di un compenso per l´attività di consulenza tributaria per 10.000 euro, la maggior somma di 72.565,30 euro, pari al minimo tariffario e non facendo invece ricorso alla equità, invocata proprio dal professionista e con valore negoziale.

Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione dell´art. 2233, D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, artt. 4, 46 e 49, e vizio di motivazione, ove il tribunale ha erratamente escluso la possibile liquidazione in via equitativa del compenso per la consulenza tributaria.

Con il ricorso incidentale, il controricorrente fa valere la violazione di legge quanto al D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, artt. 47, 48, 49 e 19, ed il vizio di motivazione ove il tribunale ha erroneamente escluso la consulenza tributaria per il gruppo di giudizi culminato nella sentenza C.T.P. n. 752/13/07.

1. I primi due motivi, da esaminare in via congiunta stante l´indubbia connessione, sonno inammissibili. Giustifica un giudizio di impossibilità di riscontro del loro merito il grave deficit di completezza che ne ha accompagnato la redazione, del tutto generica quanto al richiamo - che appariva invece indispensabile ed almeno per tratti essenziali - delle parti statuitive e motivazionali del provvedimento del primo giudice, ove sarebbe stata configurata la assunta provvisorietà della liquidazione. Nemmeno infatti è chiaro, ponendo a confronto il ricorso con il decreto del tribunale, se la non avvenuta esecuzione del provvedimento del giudice delegato sia fatta dipendere, nell´offerta censura, dalla denunciata (e per quanto eccedente) qualificazione di "sospensione" (che la parte per vero riferisce solo al decreto 23.12.2008) ovvero alla complessiva inerenza di tutti i decreti ad una fattispecie la cui definizione sarebbe maturata unicamente allorchè recepiti o migrati nella pronuncia del tribunale. Va dunque dato corso al principio, qui condiviso, per cui il ricorso per cassazione - per il principio di autosufficienza - deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè il ricorrente ha l´onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali e i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l´indiretta riproduzione (Cass. 14784/2015).

2. A fronte di tale prospettazione, i limiti dei motivi e la inequivocità del decreto impugnato precludono in ogni caso il dubbio che la volontà determinativa del compenso, quale espressa una prima volta dal giudice delegato, avesse assunto nel relativo atto - e non ovviamente nelle cognizioni soggettive delle persone fisiche dei giudici chiamati alla funzione - la minore portata di "acconto sul compenso" o di "liquidazione provvisoria". La censura è infatti errata: sia ove ipostatizza una qualità esecutiva del decreto di liquidazione (che è invece configurativo di un diritto soggettivo della parte al credito per le prestazioni rese verso la procedura, nell´interesse di questa e su incarico conferito dagli organi concorsuali), sia ove richiama una vicenda di formazione dell´atto del tutto incertamente rinviante alla pronuncia dell´organo collegiale (che è invece eventuale, poichè rimessa alle facoltà d´impugnazione e dunque presupponente una statuizione del giudice delegato in sè già suscettibile di definitività ove non contestata per via endoconcorsuale). Al riguardo, va seguito l´indirizzo per cui il decreto con il quale il giudice delegato, nell´esercizio della competenza esclusiva al riguardo attribuitagli dalla legge (L. Fall., art. 25, n. 7), liquida i compensi per l´opera prestata dagli incaricati a favore del fallimento, lungi dall´assumere carattere meramente ricognitivo, concreta un provvedimento di natura giurisdizionale destinato a statuire sul diritto dell´incaricato in maniera irretrattabile e con gli effetti propri della cosa giudicata, suscettibile di impugnazione unicamente con il rimedio endofallimentare del reclamo a norma della L. Fall., art. 26 (Cass. 19888/2005).

Ne consegue che correttamente il tribunale ha dato conto della insussistenza dei requisiti di revocabilità dei due decreti di liquidazione del compenso 23.12.2008 e 7.4.2009 del giudice delegato, cui apparteneva il potere giurisdizionale di statuire sulla domanda di riconoscimento del compenso dell´incaricato dell´opera prestata - quanto a specifiche prestazioni defensionali avanti ai giudici tributari - nell´interesse della procedura, ai sensi della L. Fall., art. 25, comma 1, ratione temporis vigente e con reclamabilità ai sensi della L. Fall., art. 26 (Cass. 23086/2014).

2. Il terzo e il quarto motivo, da trattare congiuntamente perchè connessi, sono fondati, posto che con essi si contesta la decisione del tribunale in punto di riconoscimento della attività di consulenza tributaria da parte del professionista controricorrente, limitandosi l´autorità del reclamo a modificare l´entità del credito, ricondotta entro la forbice - dal lato inferiore - dei riferimenti di tariffa, di contro all´inammissibile riduzione a soli 10.000 Euro del compenso. Il tribunale pare dunque aver fatto discendere la prova della consulenza tributaria dalla circostanza che tale attività era stata, e sia pur errando per difetto nella sua quantificazione, già riconosciuta dal primo giudice, che aveva però fissato una misura inferiore a quella di tariffa. La statuizione non è condivisibile, poichè essa per un verso - nel più generale tenore della motivazione - premette di volersi ispirare alla teoria del cd. quid pluris, ove la consulenza tributaria integra una prestazione professionale che non coincide nè con la assistenza professionale nè con la mera difesa in giudizio, ma per altro verso vi fa difetto un´adeguata e riconoscibile motivazione di tale scelta.

Occorre dunque dare continuità nella sua interezza all´orientamento per cui in materia di patrocinio tributario (anche nella specie, svolto da un dottore commercialista), la redazione di un ricorso e di una memoria difensiva in materia tributaria non comporta necessariamente anche un´attività di consulenza tributaria, per la cui ricorrenza occorre un di più rappresentato dall´analisi della legislazione, della giurisprudenza e delle interpretazioni dottrinarie e dell´amministrazione finanziaria di problemi specificì, come previsto dal D.P.R. n. 645 del 1994, art. 46; il relativo accertamento - cioè dei presupposti per il cumulo dei relativi onorari con quelli inerenti alle prestazioni di assistenza e rappresentanza - è riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità soltanto se affetto da vizio di motivazione (Cass. 16159/201; 15666/2007). E´ vero pertanto che tale indirizzo non instaura alcun meccanismo di attribuzione automatica dei citati compensi, ravvisandosi nel loro possibile e predetto cumulo un preciso dovere di dare conto delle prestazioni aggiuntive cui si vorrebbero riferire, con onere innanzitutto a carico dell´interessato. In realtà il decreto qui impugnato non riporta le attività specifiche che il dottore commercialista Sabotino avrebbe espletato, oltre alla redazione dei ricorsi (e all´attività difensiva culminata nella sentenza della C.T.R. n. 281/5/08). Nè esso appare assimilabile ad una pronuncia per relationem rispetto all´atto del giudice delegato, la cui statuizione motiva sulla citata voce non è stata sintetizzata in alcun tratto a tal fine decisivo, oltre il richiamo al censurato criterio dell´equità, che non concerne il fondamento del diritto ma la sua misura retributiva.

Nonostante la contestazione svolta dalla curatela reclamata e dedotta in via di eccezione nel procedimento L. Fall., ex art. 26, e la natura devolutiva del giudizio avanti all´organo collegiale, con la possibile rimessa in discussione dell´intero rapporto, va dunque concluso per la sussistenza del citato vizio. Ne consegue l´assorbimento dei motivi quinto e sesto.

3. Quanto al ricorso incidentale, il suo unico motivo è inammissibile poichè, al di là della duplice prospettazione, la censura sulla motivazione mira a richiedere a questo Giudice un diverso apprezzamento del materiale probatorio su cui analiticamente e con razionale ostensione delle fonti del convincimento ha operato il tribunale, che ha indicato in modo puntuale l´assoluto difetto di autonomia e concretezza delle prestazioni della pretesa consulenza tributaria rivendicate dal controricorrente, invero degradate ad operazioni non diverse dallo studio della controversia e dalla redazione degli atti difensivi, oltre tutto confezionati "a seguito di analisi compiuta dal cliente e reiterante motivi già proposti nei precedenti ricorsì. Tale difetto di specificità non è stato diversamente illustrato nel ricorso incidentale.

Il ricorso principale pertanto va dichiarato inammissibile quanto ai motivi primo e secondo, mentre deve essere accolto quanto ai motivi terzo e quarto, con assorbimento del quinto e del sesto motivo. Il ricorso incidentale è inammissibile. Conseguentemente va cassato il decreto impugnato, con rinvio al tribunale anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo e secondo motivo del ricorso principale, accoglie il ricorso quanto ai motivi terzo e quarto, dichiara l´assorbimento del quinto e del sesto; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Salerno, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2016

 

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