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Chi zittisce un Avvocato non può fare il Giudice, andrebbe rimosso subito

Alberto-Pezzini
La situazione la conoscete tutti.
Il Dott. Carlo Ancona, Presidente del Tribunale del Riesame di Trento ha detto all´avvocato Stefano Giordano, palermitano, in udienza: "Avvocato, lei taccia, perché qua siamo in un posto civile, non siamo a Palermo".
 
Il Giudice, dopo l´incidente, ha ammesso di avere pronunciato la frase ma senza volere assolutamente offendere la città di Palermo.
Ha spiegato che il suo intento era semmai quello di zittire l´avvocato: "Diciamo - ha detto al quotidiano Il Dolomiti - che il comportamento scorretto dell´avvocato mi ha fatto uscire questa frase."
 
Ha infatti aggiunto che i toni dell´avvocato palermitano erano non consoni a quelli asburgici a cui invece è avvezzo.
L´avvocato Stefano Giordano ha fatto fatica a far verbalizzare una frase del genere e non è riuscito a farsi consegnare copia del verbale dalla cancelleria del Riesame.
 
Il COA di Trento è intervenuto sul fatto esprimendosi così per bocca del suo presidente Andrea De Bertolini: "Quanto accaduto, per come appreso, è un episodio infelice che, ritengo, possa essere stato l´esito di tensioni quali quelle che a volte le udienze penali possono generare; interessa un magistrato del quale, peraltro, il Foro ha sempre riconosciuto la grande preparazione e la dedizione al lavoro".
 
Ora.
Vi spiego perchè sto con i terroni e non con gli avvocati asburgici.
Credo che il Dottor Ancona debba leggersi prima di tutto la Storia dei Mussulmani in Sicilia di Michele Amari.
E´ un testo pressochè introvabile oggi ma lo si può acquistare on line, credo.
La casa editrice è Le Monnier e vale la pena ricordare che la prima edizione uscì in tre volumi dal 1852 al 1874 rappresentando uno dei monumenti più insigni della storiografia europea dell´800.
 
La narrazione si snoda dalla Sicilia bizantina alla nascita della potenza araba, dalla conquista musulmana all´impresa normanna e abbraccia secoli di storia "civile".
Quando avrà letto quest´opera monumentale ma scritta con il piglio classico di uno storico di razza, ci rivediamo.
 
L´insulto razzista, che ci crediate o meno, mi interessa di meno.
Quello che mi indigna è invece l´abuso del potere di un magistrato usato per impedire ad un avvocato di esercitare il suo mestiere che è – non dimentichiamolo mai – difendere e basta.
 
I giudici che impediscono agli avvocati di parlare in udienza (avvocato ma abbiamo già letto, ha qualcosa da aggiungere altrimenti lasci perdere e tante altre espressioni semeioticamente indicatve e a tutti tristemente note), addirittura arrivando al punto di negargli verbalmente lo jus loquendi, non possono fare i giudici.
Non c´è altro da dire, vanno rimossi all´istante.
 
Il giudice deve garantire il funzionamento esatto del meccanismo triadico che si compone di un´accusa, una difesa e un giudice.
Se la punta del meccanismo non funziona perchè non si consente alle basi di operare, salta tutto il sistema e noi non serviamo a un tubo.
Non c´è altro da dire.
In secondo luogo va detto che il comunicato degli avvocati di Trento mi ha lasciato allucinato.
Ma ci siamo, o colleghi ?
Un giudice impedisce ad un avvocato di un altro foro di parlare e voi esprimete solidarietà al magistrato attribuendo l´incidente e la sua paternità alla tensione tipica delle aule penali ?
 
E´ vero che per tranciare giudizi assennati e precisi bisogna aver vissuto in prima persona una situazione ma noi non siamo i vassalli dei giudici e so riconoscere un avvocato da come si comporta.
 
Almeno questo credo di avere imparato dopo vent´anni di aule.
A voi, colleghi di Trento, riservo le parole del nostro collega Salvatore del Giudice che – come dice il nome non è asburgico di ascendenza – ma a cui va senz´altro più di voi la mia simpatia umana e soprattutto professionale: "Cari colleghi, con tutto il rispetto, se difendete i vostri assistiti, come avete difeso Stefano, mi sa che dovete cambiare mestiere.
Con ogni osservanza".
 
 
 

 

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