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Commette reato chi non chiude scuole mancanti di certificato antisisma, anche se il pericolo è minimo

ediliziascolastica

Inutile girarci attorno. La sentenza numero 190 del 2018, depositata ieri dalla Suprema Corte di Cassazione, è un fulmine a ciel sereno non solo sul Miur, ma anche sui dirigenti scolastici e sui sindaci, responsabili allo stesso modo della sicurezza di alunni, docenti e collaboratori all´interno dei plessi scolastici.
E se fin qui, consapevoli del disastro italiano (una recente indagine di Legambiente ha dimostrato ciò che tutti, autorità comprese, sanno, e cioè che la stragrande maggioranza degli edifici scolastici non è a norma, ed essi riporterebbero serissimi danni nel caso di un sisma) i giudici non hanno affondato il dito nella piaga come avrebbero potuto, e forse dovuto, adesso questa sentenza della Cassazione mette tutti in guardia.
Sì, perché da domani, anzi da oggi, nulla sarà come prima. Che i sindaci sappiano, al pari dei dirigenti scolastici, che anche in un territorio non classificato come zona sismica, e quindi a rischi minimali, un istituto scolastico che non sia in regola con le certificazioni anti sisma, e che quindi presenti scostamenti anche minimi rispetto alle classificazioni ufficiali, non può rimanere aperto. Deve chiudere. Per la sicurezza di tutti. Chi non lo fa, anche il nome di un interesse pubblico, può rischiare pesanti sanzioni, fino ad essere incriminato per omissione di atti d´ufficio, andando così incontro a un processo penale. La sentenza, commentata, tra gli altri dal quotidiano Il Tirreno, è di una chiarezza disarmante, e ne riportiamo la sintesi.
I terremoti non sono soggetti a "prevedibilità" e dunque i sindaci non devono opporsi al sequestro delle scuole che, anche nelle zone a "basso rischio sismico", sono a ipotetico rischio crollo seppure per un "minimo scostamento dai parametri" di edificazione emanati nel 2008.
Lo sottolinea la Cassazione accogliendo il ricorso della Procura di Grosseto contro un sindaco che ha ottenuto la riapertura di una scuola a ´leggero´ rischio sismico, pari allo 0,985 su una scala che soddisfa a ´1´ il parametro di sicurezza statica.
Così la Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura di Grosseto contro Francesco Limatola, sindaco di Roccastrada, indagato per omissione di atti di ufficio per non aver chiuso il plesso scolastico della frazione di Ribolla "nonostante dal certificato di idoneità statica dell´immobile, redatto il 28 giugno 2013, ne emergesse la non idoneit sismica".
Contro il sequestro della scuola primaria e secondaria, frequentata da quasi trecento bambini, e disposta dalla magistratura grossetana, Limatola aveva fatto ricorso e il tribunale del riesame lo scorso 26 aprile lo aveva accolto togliendo i sigilli. Ad avviso del riesame, era insussistente "un pericolo concreto ed attuale di crollo ragionevolmente derivante dal protratto utilizzo del bene secondo destinazione d´uso, avuto riguardo all´attività scolastica svolta ininterrottamente dalla fine degli anni sessanta". L´ordinanza rilevava inoltre che "in applicazione del cosiddetto indicatore del rischio di collasso previsto dalle ´Norme tecniche per le costruzioni´ emanate con decreto il 14 gennaio 2008", dall´accertamento redatto nel certificato di idoneità statica "il rischio sismico era risultato pari a 0,985 registrando in tal modo una inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici soddisfatti al raggiungimento del valore ´1´".
Fonte: Il Tirreno

 

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