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Cambio di destinazione d’uso: occorre il permesso di costruire anche per le pertinenze

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 Con la sentenza n. 909/2020, il Tar Campania, sezione distaccata di Salerno, ha confermato la legittimità di un'ordinanza con cui si ordinava la demolizione di un immobile, risultante da un cambio di destinazione d'uso da garage a civile abitazione, realizzato in assenza di permesso di costruire.

Ritenendo del tutto inconferente la tesi dei proprietari – secondo cui il cambio di abitazione d'uso, avendo per oggetto una superficie che non superava il 20% del volume degli edifici principali, doveva considerarsi di natura pertinenziale, con conseguente esclusione del titolo abilitativo – il Tar ha invece evidenziato come il cambio di destinazione d'uso implichi, in radice, l'indispensabilità del titolo edilizio.

Si è difatti specificato che "il cambio di destinazione d'uso tra locali accessori e vani ad uso residenziale integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire e ciò indipendentemente dall'esecuzione di opere".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune emanava un provvedimento con cui ordinava, ai comproprietari di un'unità abitativa, di ripristinare a proprie cure, nel termine di 90 giorni, talune opere abusivamente realizzate.

L'unità abitativa era risultante dalla demolizione e ricostruzione di un vecchio fabbricato costituito da un piano seminterrato, da un piano terra e da un piano primo: siffatto fabbricato, gravemente danneggiato a seguito degli eventi sismici del 1980, era stato ricostruito nel rispetto del Piano di Recupero del Comune e del relativo Piano Esecutivo; più nel dettaglio, tra le altre cose, si era proceduto ad effettuare un cambio di destinazione d'uso da garage a civile abitazione

 Il Comune contestava le opere eseguite, ritenendole tutte soggette a permesso a costruire.

Ricorrendo al Tar al fine di avversare siffatto provvedimento e chiederne l'annullamento, i proprietari del fabbricato eccepivano violazione degli artt. 3, 10, 31 e 34 del d.p.r. 380/2001.

Sul presupposto che l'ordinanza di demolizione impugnata concerneva un intervento pertinenziale a fabbricato rurale preesistente, regolarmente realizzato, i ricorrenti evidenziavano come il d.p.r. 380/2001 aveva parzialmente modificato i titoli edilizi previsti dalla disciplina previgente, prevedendo espressamente il regime di assenso per alcune categorie di intervento.

In particolare, ai sensi dell'art. 10, comma 1, solo gli interventi di nuova costruzione dovevano ritenersi subordinati al permesso di costruire; tra gli interventi di nuova costruzione andavano ricompresi, in base alla lett. e) dell'art. 3, gli interventi pertinenziali implicanti la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale".

Sulla base del combinato disposto di cui all'art. 3, comma 1 lett. e) e dell'art. 10 comma 1 lett. a) sopra menzionati, con argomentazione a contrario, i ricorrenti sostenevano che gli interventi di natura pertinenziale che non superavano il 20% della volumetria dell'immobile principale non erano riconducibili agli interventi di nuova costruzione e, quindi, non erano assoggettati al regime del permesso di costruire di cui all'art. 10 comma 1 del D.P.R. n. 380/01.

 I ricorrenti concludevano, quindi, sostenendo che nel caso di specie, ove le opere oggetto dell'ordinanza di demolizione non superavano il 20% del volume degli edifici principali, gli interventi non erano riconducibili agli "interventi di nuova costruzione", con esclusione quindi del regime sanzionatorio di cui all'art. 31.

Il Tar non condivide la posizione dei ricorrenti.

Il collegio nega che le opere abusive accertate possano qualificarsi quali interventi di natura pertinenziale.

In relazione al mutamento di destinazione d'uso del garage in civile abitazione, la sentenza in commento evidenzia come non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; senza considerare i profili igienico –sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura, infatti, un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l'originario permesso di costruire.

Sul punto, anche la stessa giurisprudenza amministrativa ha specificato che il cambio di destinazione d'uso tra locali accessori e vani ad uso residenziale integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire e ciò indipendentemente dall'esecuzione di opere. 

 

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