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Il bollettino medico diramato ieri è stato rassicurante. Il giovane praticante volato giù dalla tromba della grande scalinata del Palazzo di Giustizia di Milano è uscito dal coma farmaceutico, non è più fuori pericolo e si avvia verso una ripresa anche se dopo un impatto di quel tipo le sue condizioni rimangono precarie. Ma nonostante queste buone notizie, il problema resta. Un problema antico. Sta emergendo che come probabilmente sanno le decine di migliaia di utenti, magistrati, avvocati, personale di cancelleria, cittadini comuni, il problema esiste da tempo, e quella situazione di pericolo era stata segnalata, ma nessuno negli anni ha fatto nulla. Se il destino si fosse accanito, oggi l'avvocatura non solo ambrosiana ma di tutto il paese piangerebbe un morto.
Così ieri si è registrata, proprio a Milano, la visita del ministro guardasigilli, Alfonso Bonafede, che si è recato proprio lì, nel luogo della tragedia mancata.
«La realtà di Milano merita una attenzione particolare. Ho preso in carico tutte le istanze e i dossier. Al ministero ci sono delle relazioni - ha aggiunto Bonafede - Adesso valuteremo tutto. Chiaramente bisognerà capire che cosa si poteva e si doveva fare, perché deve finire l'epoca in cui si interviene solo quando qualcuno si fa male». Il ministro ha incontrato i magistrati e rappresentanti di altre categorie: «Oggi sono qui per manifestare la vicinanza del ministero e dello Stato a coloro che lavorano qui in condizioni in cui non dovrebbero lavorare, perché queste condizioni mettono in pericolo l'incolumità delle persone che entrano negli uffici giudiziari».
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