Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Avvocati, SC: “Il maggior compenso, rispetto a quello liquidato, dipende dalle attività effettivamente espletate”

Imagoeconomica_1542082

Con l'ordinanza n. 27591 dello scorso 29 ottobre, la III sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto la domanda di un legale tesa ad ottenere il maggior compenso, rispetto a quello liquidato in suo favore in sentenza, maturato per l'attività giudiziale resa dinnanzi al Giudice del Lavoro.

Si è difatti specificato che "nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a compensi legali, il giudice dell'opposizione, nel valutare la congruità delle parcelle liquidate dall'ordine professionale e oggetto di contestazione, deve attenersi ai tariffari indicati nelle norme di riferimento, valutando l'opera professionale per come è stata resa.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'emissione di un decreto ingiuntivo nel quale venivano riconosciuto ad un legale il maggior compenso, rispetto a quello già liquidato in suo favore in sentenza, per l'assistenza professionale prestata in due cause di lavoro per il recupero del TFR, ove il suo cliente era risultato vittorioso. In particolare, il decreto ingiuntivo era stato ottenuto sulla base di una parcella corredata dal parere del competente Consiglio dell' Ordine Professionale Forense, cui si era opposto il lavoratore sull'assunto che l'incarico era stato dato dal sindacato e che null'altro fosse dovuto dopo l'incasso delle spese giudiziali liquidate dai giudici in favore del lavoratore e a carico dell'ente datore di lavoro.

Al termine del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Giudice di Pace adito confermava il decreto, respingendo l'opposizione. 

La decisione veniva riformata in secondo grado dal Tribunale di Lecce che, sebbene riteneva infondata la deduzione del lavoratore circa il conferimento dell'incarico professionale da parte del sindacato, anziché dal lavoratore, cionondimeno riteneva congrua, sulla scorta della documentazione versata in atti, la somma che il cliente, sulla base della liquidazione dei compensi professionali effettuata dai giudici del lavoro, aveva già versato al professionista.

Ricorrendo in Cassazione, il legale eccepiva violazione o falsa applicazione del D.M. 8 aprile 2004 numero 127, nella parte relativa alle tariffe forensi in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 3 cod. proc. civ., deducendo la violazione dei minimi tariffari indicati nel decreto ministeriale di riferimento.

La Cassazione condivide la doglianza del ricorrente.

La Corte rileva che – nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a compensi legali – il giudice dell'opposizione, nel valutare la congruità delle parcelle liquidate dall'ordine professionale e oggetto di contestazione, deve attenersi ai tariffari indicati nelle norme di riferimento, valutando l'opera professionale per come è stata resa. 

Difatti, in tema di onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato, anche nel vigore della nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, di cui alla I. n. 247 del 2012, la loro misura prescinde dalle statuizioni del giudice contenute nella sentenza che condanna la controparte alle spese e agli onorari di causa e deve essere determinata in base a criteri diversi da quelli che regolano la liquidazione delle spese fra le parti (quali, tra gli altri, risultato e altri vantaggi non patrimoniali), in ragione del diverso fondamento dell'obbligo di pagamento degli onorari, che riposa, per il cliente, nel contratto di prestazione d'opera, e, per la parte soccombente, nel principio di causalità e dell'inefficacia nei confronti dell'avvocato della sentenza che ha provveduto alla liquidazione delle spese, in quanto non parte del giudizio.

Con specifico riferimento al caso di specie, invece, il giudice di merito si è limitato a ritenere "congrua" la somma versata rispetto a quanto liquidato dai giudici del lavoro in sede di ripartizione delle spese, senza minimamente svolgere una valutazione su quegli elementi (quali il valore delle attività non liquidate dai giudici, effettivamente espletate, in riferimento alle "voci" indicate nelle parcelle e alle tariffe da applicarsi) che, ove valutati, avrebbero potuto comportare una diversa decisione.

In conclusione la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rimette la causa ad altra Sezione della corte di appello di Lecce, che provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione. 

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

L’accordo omologato tra i coniugi separati è titol...
Le attività che violano il divieto di accaparramen...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito