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Fonte: https://www.consiglionazionaleforense.it/
Con sentenza n. 19137 del 6 luglio 2023 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla questione relativa al diritto dell'avvocato sottoposto a procedimento disciplinare che si concluda con l'assoluzione a vedersi liquidate le spese processuali o, almeno, ad ottenere una decisione che esamini il problema in modo esplicito.
I Fatti del procedimento
La vicenda che ha dato origine alla pronuncia riguarda un avvocato sanzionato dal CDD con la sanzione dell'avvertimento per violazione dei doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza. La condotta tenuta dall'avvocato incolpato è consistita nell'aver interloquito con un giudice di pace senza la presenza del collega avversario, allo scopo di ottenere dal magistrato la firma di due provvedimenti di sospensione dell'efficacia esecutiva di titoli a favore di una sua cliente e, una volta ottenuti tali provvedimenti, di aver omesso di notificarli o comunicarli al collega avversario.
Avverso il provvedimento del CDD l'incolpato ha proposto ricorso al Consiglio Nazionale Forense il quale ha accolto il ricorso constatando che per la suddetta condotta l'incolpato ha anche subito un procedimento penale conclusosi con la pronuncia di assoluzione (divenuta irrevocabile) perché il fatto non sussiste e tale pronuncia con formula assolutoria del giudice penale ha un effetto vincolante in sede disciplinare, ai sensi dell'art. 653 c.p.p.
Nonostante l'accoglimento del ricorso, l'incolpato ha impugnato la sentenza del Consiglio Nazionale Forense dinanzi alla Corte di cassazione per omessa decisione in ordine alla ripartizione delle spese di lite e liquidazione delle stesse.
A parere dell'incolpato, infatti, la sentenza del Consiglio non statuendo nulla in ordine alla liquidazione delle spese sarebbe stata emanata in violazione degli artt.91c.p.c. ("Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa") e dell'art.112 c.p.c. ("Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti").
La decisione delle Sezioni Unite
La questione è stata decisa dalle Sezioni Unite che hanno effettuato diverse considerazioni in relazione alla liquidazione delle spese processuali nel procedimento disciplinare.
Innanzitutto le Sezioni Unite hanno constatato che nel caso di specie il Consiglio Nazionale Forense nell'accogliere il ricorso non ha liquidato le spese processuali né indicato le eventuali ragioni per le quali abbia ritenuto di non dover provvedere alla liquidazione. Secondo la Corte da ciò discende una completa omissione sia nel dispositivo che nel corpo della motivazione.
Questa omissione costituisce un vizio non emendabile ricorrendo alla procedura di correzione degli errori materiali. Tale vizio a parere della Corte può essere corretto soltanto tramite l'impugnazione ordinaria (cfr. Cass. sentenze del 19 agosto 2003, n. 12104, 19 febbraio 2013, n. 4012, Sezioni Unite, sentenza 21 giugno 2018 n. 16415, ordinanza 25 marzo 2022, n. 9785).
Inoltre le Sezioni Unite hanno rilevato che nel giudizio conclusosi davanti al Consiglio Nazionale Forense la ricorrente è risultata completamente vincitrice, con conseguente eliminazione della sanzione disciplinare irrogata a suo carico dal CDD. Nel discende la necessità di indagare sull'autorità tenuta a decidere sulle spese processuali.
Sul punto le Sezioni Unite hanno osservato che in linea generale il procedimento disciplinare, per sua natura, è assimilabile maggiormente al processo penale che a quello civile. Tuttavia nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati in caso di assoluzione dell'incolpato non c'è alcun rimando specifico alle norme del processo penale in relazione al diritto alla liquidazione delle spese.
Ne deriva per le Sezioni Unite che in materia di liquidazione delle spese di lite nel procedimento disciplinare deve ritenersi sussistente l'obbligo generale del giudice civile di provvedere alla liquidazione delle spese ai sensi dell'art. 91 c.p.c. (cfr. Cass. ordinanza 11 gennaio 2022, n. 651).
La Corte ha precisato che questo obbligo ha natura inderogabile e non viene meno per il fatto che l'avvocato abbia la possibilità di difendersi personalmente, in quanto le spese di lite gravano anche sul professionista che opti per tale strumento.
Questi principi sono stati affermati dalla costante giurisprudenza dello stesso Consiglio Nazionale Forense, secondo la quale è applicabile l'art. 91 c.p.c. al procedimento dinanzi a sé (sentenze del 16 luglio 2015, n. 97, del 5 giugno 2014, n. 76, del 18 marzo 2014, n. 24).
Nel caso di specie, quindi, le Sezioni Unite hanno ritenuto sussistente la lamentata omissione di pronuncia e la violazione dell'art.112 c.p.c. ed hanno accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando al C.N.F., in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.
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Il mio nome è Anna Sblendorio. Sono una persona curiosa e creativa e mi piace il contatto con la gente. Amo dipingere, ascoltare musica, andare a teatro, viaggiare e passare del tempo con la mia famiglia ed i miei amici. Nel 2008 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Bari "Aldo Moro" e successivamente ho conseguito l'abilitazione per l'esercizio della professione da avvocato. Nel corso degli anni ho collaborato con diversi centri di formazione occupandomi di tutoraggio in materie giuridiche e nel 2022 ho iniziato a collaborare con la testata giuridica online www.retidigiustizia.it.