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Avvocati: l'emergenza sanitaria e il rischio della violazione del principio del giusto processo.

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Gli avvocati ai tempi del Coronavirus rientrano in quelle categorie di professionisti che stanno pagando il prezzo dei danni causati dalla pandemia. Se da un lato è vero che la salute pubblica va tutelata anche a discapito degli altri diritti fondamentali della persona, quali quello del lavoro, è altrettanto vero che la lesione di tali diritti non può essere trascurata.

Le misure adottate per far fronte a tale emergenza non sempre possono essere considerate un rimedio alle conseguenze imputabili al rallentamento delle attività lavorative; conseguenze, queste, che iniziano a pesare sull'intero sistema e in particolar modo sui liberi professionisti.

E ciononostante, il ruolo dell'avvocato non può e non deve venir meno. Occorre continuare a garantire la tutela del diritto della difesa.

Ma a quale prezzo?

La possibilità di proseguire lo svolgimento delle udienze in via telematica è indubbiamente un buon modo per:

  • evitare che l'attività giurisdizionale di tutela dei diritti si arresti del tutto;
  • consentire agli avvocati di continuare nell'esercizio della loro funzione di salvaguardia del diritto della difesa.

Tuttavia, il rischio del persistere di questo modus operandi, prospettato dal Consiglio nazionale forense, nella sezione news del sito https://www.consiglionazionaleforense.it/web/cnf-news/-/689648, è quello di:

  • «svilimento del ruolo del difensore, del diritto di difesa e della stessa giurisdizione;
  • violazione della cornice costituzionale segnata dall'articolo 111 della Costituzione».

La preoccupazione del CNF riguarda in modo particolare la «proposta emendativa formulata dal Governo, nel decreto Cura Italia, che prevede la indiscriminata estensione del processo penale telematico anche nei casi dei procedimenti non urgenti». Tale preoccupazione, tuttavia, ha una portata più ampia.

I timori del CNF, condivisi anche dall'Unione delle Camere penali e civili, riguardano:

  • l'estensione dello svolgimento delle udienze in modalità telematica in ambito penale e quindi l'estensione di un modello organizzativo differente da quello contemplato dalla legge;
  • l'assenza di un termine finale per le modalità di svolgimento da remoto delle udienze civili.

Queste circostanze, secondo il CNF, rischiano di trasformare la situazione emergenziale che stiamo vivendo in un'occasione per stravolgere i principi che governano il giusto processo.

In buon sostanza, si teme che venga svilito «il diritto a un giudizio equo e imparziale, implicito nel nucleo essenziale del diritto alla tutela giudiziaria di cui all'art. 24 della Costituzione, oggi espressamente sancito dall'art. 111 […]» (Corte Costituzionale, sentenza n. 78 del 21 marzo 2002).

Per tale motivo, il CNF auspica che «l'esercizio della giurisdizione, e quindi dell'attività giudiziaria sia nel settore civile che penale, possa gradualmente riprendere garantendo, attraverso una corretta organizzazione delle udienze e l'utilizzo dei presidi sanitari, la salute di tutti gli operatori di giustizia». 

Tale auspicio è in linea anche con quanto sancito dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, cui si ispira il giusto processo. Secondo tale disposizione «ogni persona ha diritto a un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta [...]».

Un diritto, questo, che l'avvocato deve tutelare essendo lo stesso chiamato a vigilare «sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell'Ordinamento dell'Unione Europea e sul rispetto dei medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, [...] nell'interesse della parte assistita »[1].

Ancora una volta, l'avvocatura in prima linea per tutelare il ruolo dei difensori, del diritto di difesa e della stessa giurisdizione.

Note

[1] Art. 1 Codice deontologico forense. 

 

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