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Avvocati: il divieto di intrattenere rapporti con i testi e l'eccezione nell'ambito delle indagini difensive

Avvocati: il divieto di intrattenere rapporti con i testi e l'eccezione nell'ambito delle indagini difensive

La ratio del divieto di intrattenere rapporti con il teste

L'avvocato nell'esercizio della sua professione non può intrattenere rapporti con i testimoni e con le persone informate sui fatti oggetto di causa [1]. E ciò al fine di evitare forzature e suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti (Cass., S.U., n. 12183/2015). L'avvocato che, nonostante il predetto divieto, intrattenga rapporti con i testi, assumerà un comportamento deontologicamente scorretto ove ricorrano le seguenti condizioni. Il difensore:

  • usi argomenti ontologicamente idonei a provocare forzature o suggestioni del teste ovvero a creare una situazione psicologica della persona tale da alterare una non spontanea e/o falsa rappresentazione della realtà (CNF, sentenza n. 112/2012),
  • induca il teste a una falsa rappresentazione della realtà con i predetti argomenti al fine di ottenere una deposizione favorevole alla parte che assiste (CNF, sentenza n. 112/2012).

Alla luce di quanto sopra, pertanto:

  • costituisce un comportamento rilevante sul piano deontologico, la condotta dell'avvocato che convoca, presso il suo studio, alla presenza di collaboratori, il teste, che dovrà deporre in tribunale, in quanto trattasi di condotta non rivolta allo svolgimento della legittima attività di valutazione della rilevanza defensionale delle informazioni in possesso del teste, da svolgersi con adeguate garanzie di riservatezza, ma di un'audizione svolta esclusivamente al fine di precostituirsi prove testimoniali sull'oggetto del colloquio, condotto deliberatamente alla presenza di terzi, in modo da potersene avvalere per contestare la non veridicità della successiva deposizione resa davanti al giudice. (Cass. civ., S.U., n. 22380/2011);
  • è riprovevole il comportamento dell'avvocato che intrattiene rapporti sostanzialmente minacciosi con i testi di controparte al dichiarato fine di ottenere la ritrattazione di una deposizione sfavorevole alle ragioni dei propri assistiti e anticipando una richiesta risarcitoria tale da suscitare preoccupata reazione e giustificato timore nei destinatari. In questo caso, detta condotta costituisce una violazione deontologica, e nello specifico costituisce la violazione del dovere di probità e decoro, lealtà e correttezza (CNF, sentenza n. 200/2012);
  • è suscettibile di sanzione disciplinare il difensore che invita i testimoni della controparte per informarli dell'esistenza di una denuncia presentata nei loro confronti per falsa testimonianza al fine di esercitare un'ingiusta pressione. In queste ipotesi la condotta costituisce violazione del dovere di correttezza e colleganza (CNF, sentenza n. 76/2003).

Le indagini difensive e la condotta dell'avvocato

Sebbene l'avvocato non possa intrattenere rapporti con i testi attuali e futuri, allo stesso è consentito, nell'ambito del procedimento penale, conferire con le persone che sono informate sui fatti utili ai fini dell'attività investigativa. Si tratta della facoltà di procedere a investigazioni difensive riconosciuta ai difensori dalla legge; una facoltà, questa, che comunque deve essere esercitata nel rispetto delle norme all'uopo dettate e delle disposizioni emanate dal Garante sulla privacy. L'acquisizione delle su citate informazioni deve avvenire attraverso un colloquio non documentato e l'avvocato deve mantenere il segreto sugli atti delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell'interesse della parte assistita [1].

La normativa in tema di indagini difensive prevede particolari cautele nel contatto del difensore dell'imputato con persone diverse dalle persone informate sui fatti. In particolare, l'invito rivolto alla persona offesa da reato deve essere scritto e occorre sia dato avviso al difensore della persona offesa (se conosciuta), indicando espressamente la opportunità che la persona provveda a consultare un difensore perché intervenga all'atto. La violazione di tali obblighi ha conseguenze disciplinari (art. 55 codice deontologico forense), le quali prescindono dalla dichiarazione di inutilizzabilità delle indagini stesse da parte dell'Autorità Giudiziaria (art. 391 bis cpp) (CNF, sentenza, n 229/2017).

Si ritiene che costituisce un illecito deontologico il comportamento dell'avvocato che in vista del giudizio abbreviato riceva presso il suo studio il suo assistito per farsi rilasciare una dichiarazione nell'ambito delle indagini difensive senza avergli fornito gli avvertimenti di cui all'art. 391 bis c.p.c. e senza aver rispettato le modalità di cui al medesimo articolo. In tali casi, la condotta del difensore costituisce violazione dei doveri di lealtà e correttezza, di diligenza e dell'art. 55 codice deontologico forense (rapporti con i testimoni) (CNF, sentenza n. 211/2011). 

Note:

Art. 55 Codice deontologico forense:

1. L'avvocato non deve intrattenersi con testimoni o persone informate sui fatti oggetto della causa o del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti. 2. Il difensore, nell'ambito del procedimento penale, ha facoltà di procedere ad investigazioni difensive nei modi e termini previsti dalla legge e nel rispetto delle disposizioni che seguono e di quelle emanate dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali. 3. Il difensore deve mantenere il segreto sugli atti delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell'interesse della parte assistita. 4. Nel caso in cui il difensore si avvalga di sostituti, collaboratori, investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, può fornire agli stessi tutte le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento dell'incarico, anche nella ipotesi di segretazione degli atti, imponendo il vincolo del segreto e l'obbligo di comunicare esclusivamente a lui i risultati dell'attività. 5. Il difensore deve conservare scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo necessario o utile all'esercizio della difesa. 6. Gli avvisi che il difensore e gli altri soggetti eventualmente da lui delegati sono tenuti a dare per legge alle persone interpellate ai fini delle investigazioni, devono essere documentati per iscritto. 7. Il difensore e gli altri soggetti da lui eventualmente delegati non devono corrispondere alle persone, interpellate ai fini delle investigazioni, compensi o indennità sotto qualsiasi forma, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle sole spese documentate. 8. Per conferire con la persona offesa dal reato, assumere informazioni dalla stessa o richiedere dichiarazioni scritte, il difensore deve procedere con invito scritto, previo avviso all'eventuale difensore della stessa persona offesa, se conosciuto; in ogni caso nell'invito è indicata l'opportunità che la persona provveda a consultare un difensore perché intervenga all'atto. 9. Il difensore deve informare i prossimi congiunti della persona imputata o sottoposta ad indagini della facoltà di astenersi dal rispondere, specificando che, qualora non intendano avvalersene, sono obbligati a riferire la verità. 10. Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte; quando è disposta la riproduzione, anche fonografica, le informazioni possono essere documentate in forma riassuntiva. 11. Il difensore non deve consegnare copia o estratto del verbale alla persona che ha reso informazioni, né al suo difensore. 12. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri, dei divieti, degli obblighi di legge e delle prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 7 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione dei doveri, dei divieti, degli obblighi di legge e delle prescrizioni di cui ai commi 5, 6, 8, 9, 10 e 11 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura. 

 

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