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Legittima la sentenza di accertamento dello stato di insolvenza in assenza dei requisiti soggettivi per la dichiarazione di fallimento?

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Con sentenza n.93/2022 del 24/03/2022, la Corte costituzionale ha affrontato le questioni di legittimità costituzionale dell'art.202, primo comma, del R.D. n.267/1942 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), «nella parte in cui prevede che il tribunale deve pronunciare sentenza di accertamento dello stato di insolvenza della società cooperativa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa anche in assenza dei requisiti soggettivi richiesti per la dichiarazione del fallimento di un imprenditore costituito in altra forma giuridica e, in particolare, di una società lucrativa» (fonte https://www.cortecostituzionale.it/default.do).

Analizziamo la vicenda sottoposta all'esame dei giudici di legittimità.

I fatti di causa

Il commissario liquidatore ha presentato istanza per l'accertamento dello stato di insolvenza della una società cooperativa a responsabilità limitata, operante nel commercio di fiori e piante, con attivo e ricavi assai modesti e un passivo appena superiore ai tremila euro, posta in liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'art. 2545-terdecies c.c. con delibera della Giunta regionale.

Il Tribunale ha rilevato tale la società, ove fosse stata costituita in forma lucrativa, non sarebbe stata passibile di fallimento, poiché di dimensioni ed esposizione largamente inferiori a quelle stabilite:

  • dall'art.1, 2° comma L. fall. che esclude dalla disciplina sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori commerciali che dimostrino di aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività, se di durata inferiore, i) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; ii) ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; iii) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila;
  • e dall'art.15, 9° comma L. fall., a norma del quale "Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila".

 Inoltre il Tribunale ha evidenziato che questi limiti soggettivi di fallibilità non sono richiamati dall'art.202 L. fall. che, in materia di accertamento giudiziario dello stato di insolvenza dell'impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, stabilisce che "Se l'impresa al tempo in cui è stata ordinata la liquidazione, si trovava in stato d'insolvenza e questa non è stata preventivamente dichiarata a norma dell'art.195 il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero, accerta tale stato con sentenza in camera di consiglio, anche se la liquidazione è stata disposta per insufficienza di attivo" (comma1). Conseguentemente la suddetta disposizione determinerebbe una disparità di trattamento in pregiudizio della singola società cooperativa nonché avrebbe riflessi negativi sulla cooperazione, in violazione del principio di uguaglianza ex art.3 Cost. e dell'art.45 Cost. a norma del quale "La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità."

Conseguentemente il giudice a quo ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale dell'art.202, 1° comma L. fall.

La decisione della Corte Costituzionale

I giudici costituzionali hanno richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo la quale la mutualità cooperativistica può avere diverse gradazioni, quali:

  • la mutualità "pura", caratterizzata dall'assenza di qualsiasi scopo di lucro, propria delle società cooperative,
  • la mutualità prevalente di cui all'art.2512 c.c.,
  • la mutualità "spuria", orientata a una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, riferibile alle società cooperative "diverse".

Ne consegue che il fine mutualistico è conciliabile con il lucro "oggettivo", ossia con l'economicità della gestione, intesa quale tendenziale proporzionalità tra costi e ricavi, mentre è incompatibile con obiettivi di lucro "soggettivo" (cfr. Cass. 1° sez. civ. sentenza n.6835/2014, ordinanza n.25478/2019). 

 Ne discende che anche la società cooperativa a mutualità "spuria", esercente un'attività commerciale è soggetta a fallimento a norma dell'art.2545-terdecies c.c. e non cessa di rappresentare un'entità differente dalla società lucrativa, finalizzata al profitto soggettivo.

Tra l'altro, le soglie fissate dagli artt.1, 2° comma e 15, 9° comma, L. fall. concernono la dichiarazione di fallimento, mentre l'art.202 della medesima legge riguarda la dichiarazione di insolvenza. Di conseguenza l'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza di una società in liquidazione coatta amministrativa non può essere comparato con la dichiarazione di fallimento posto che le due dichiarazioni giurisdizionali sono equiparate dal legislatore solo per alcuni specifici effetti, ossia ai fini dell'esercizio delle azioni revocatorie fallimentari e della configurabilità di determinate fattispecie penali (Corte Cost. sentenza n.301/2005). Si tratta di effetti che si dispiegano nell'ambito dei controlli ex post e che trovano giustificazione in esigenze pubblicistiche di maggiore tutela o del ceto creditorio rispetto agli atti pregiudizievoli o dell'ordine pubblico economico rispetto a fatti di reato.

Infine la Corte ha evidenziato che anche le cooperative a mutualità "spuria" godono di agevolazioni normative, tra i quali rilevanti benefici fiscali.

Conseguentemente i giudici costituzionali hanno ritenuto che

  • la denuncia sollevata dal Tribunale per violazione dell'art.3 Cost. non considera il nesso tra benefici e controlli;
  • la denuncia relativa all'art.45 Cost. non considera l'ampia discrezionalità riconosciuta al legislatore nella scelta dei «mezzi più idonei» di incremento della cooperazione (sentenza n. 334 del 1995; ordinanze n. 19 del 1988 e n. 371 del 1987), laddove il favor per la cooperazione debba essere inteso in senso complessivo senza tradursi in una sommatoria di prerogative (sentenza n. 149 del 2021).

Alla luce di queste considerazioni la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.202 L. fall. sollevate in riferimento agli artt.3 e 45 Cost.

 

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