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Avvocati, contratto scritto e recesso del cliente: il compenso è liquidato in una frazione del pattuito

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Qualora il compenso di un'opera professionale sia stato convenuto tra le parti, la somma spettante al professionista in caso di recesso anticipato del cliente va liquidata in una percentuale dell'importo pattuito corrispondente alla proporzione tra l'attività effettivamente svolta e l' opera complessivamente affidata dal cliente al professionista.

Questo ha statuito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6465 del 28 febbraio 2022 (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

Il ricorrente è un avvocato che ha stipulato un contratto scritto di patrocinio con il suo cliente, pattuendo un compenso dell'importo di euro 2.500 per lo studio del contenzioso e la predisposizione di due memorie difensive nell'interesse del suo assistito. È accaduto che quest'ultimo ha revocato l'incarico al ricorrente prima che costui producesse alcun atto. In seguito al recesso dal rapporto d'opera professionale, la parte assistita del ricorrente non ha corrisposto alcun compenso. Ne consegue che il ricorrente ha agito in giudizio per chiedere la condanna del suo cliente all'adempimento delle obbligazioni sul medesimo gravanti in base al menzionato contratto di patrocinio. 

Sia in primo che in secondo grado, è stato liquidato al ricorrente un compenso di euro 600, per l'attività di studio svolta dal professionista prima della revoca del mandato.

Il caso è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione della SC

Il ricorrente ritiene che la decisione impugnata è viziata in quanto egli sostiene che il compenso convenuto, documentato dalla scrittura contrattuale inter partes, gli spetterebbe nell' integrale misura concordata di euro 2.500 e non nella misura ridotta di euro 600.

Di diverso avviso è la Corte di Cassazione. In punto, i Giudici di legittimità richiamano un recente orientamento giurisprudenziale (Cass. 29745/20), secondo cui in materia di prestazioni professionali, il recesso del cliente, giustificato o meno, non incide sulla determinazione della misura del compenso, se non nel senso che esso è dovuto non per tutta l'opera commessa, ma solo per l'opera svolta. Sicché, in caso di pattuizione forfettaria del corrispettivo, correttamente la parte di esso spettante per le prestazioni rese alla data del recesso viene determinata in misura proporzionale rispetto all'intero compenso. Ne consegue che, a parere della Corte di Cassazione, bene hanno agito i Giudici di merito nel liquidare in favore del ricorrente una frazione del compenso pattuito. D'altro canto il ricorrente non muove alcuna specifica censura in ordine: 

  •  alla corrispondenza del rapporto proporzionale tra compenso giudizialmente riconosciuto (euro 600) e compenso pattuito (euro 2.500) con il rapporto proporzionale tra prestazione eseguita e prestazione pattuita;
  • all'inadeguatezza del compenso liquidato dai Giudici all'importanza dell'opera svolta dal ricorrente e al decoro della professione.

Per tale verso, le doglianze del ricorrente sono infondate. Altrettanto infondata è la doglianza del ricorrente in forza della quale i Giudici di merito, nel determinare il compenso, non avendo tenuto conto del documento scritto, avrebbero dovuto applicare i parametri forensi. Anche con riguardo a questa questione, la Corte di Cassazione richiama il recente orientamento giurisprudenziale (Corte n. 29745/20), che ribadisce che il compenso dell'avvocato, in caso di recesso del cliente, va determinato:

  • non in base alle tariffe forensi;
  • in una percentuale del compenso convenuto inter partes proporzionata al rapporto tra attività svolta e attività convenuta.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. 

 

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