Su questo delicato, frequentissimo e da sempre discusso argomento si è pronunciata, con una importante e risolutiva sentenza, la Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con Sentenza n. 21024 del 18 ottobre, con la quale i Giudici della Corte hanno fatto il punto sugli orientamenti giurisprudenziali susseguitisi in materia, aderendo in particolare ad uno di essi.
La questione
Nel caso culminato nella pronuncia della Corte, alcuni condomini avevano impugnato una delibera assembleare, nella parte in cui la stessa aveva integrato il regolamento condominiale inserendovi un articolo che vietava loro di destinare le unità singole a case-famiglia, bed and breakfast, pensioni, alberghi o affittacamere.
L´adito Tribunale di Palermo accoglieva la domanda e dichiarava la nullità della delibera impugnata.
Tale sentenza veniva riformata dalla Corte d´appello di Palermo, che, sull´impugnazione del condominio, dichiarata la carenza di legittimazione attiva di un dato condomino, rigettava la domanda .
Per la cassazione di tale sentenza ricorreva uno dei condomini.
Resisteva con controricorso il condominio.
La decisione della Cassazione
I Giudici di Piazza Cavour, seguendo un dettagliato iter argomentativo, costituito dalla disamina dei vari orientamenti in ordine alla validità della delibera, sono giunti alla conclusione che erroneamente la Corte territoriale non aveva dato rilievo alla trascrizione, sul non dirimente presupposto della natura contrattuale del regolamento, evidentemente confidando nella natura obbligatoria dei limiti di destinazione da esso imposti alle proprietà esclusive dei condomini.
La sentenza impugnata è stata, pertanto, cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d´appello di Palermo, che nel decidere il merito è stata dichiarata tenuta ad attenersi al seguente principio di diritto: "la previsione contenuta in un regolamento condominiale convenzionale di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull´estensione ma sull´esercizio del diritto di ciascun condomino, deve essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obligationes propter rem, non configurandosi in tal caso il presupposto dell´agere necesse nel soddisfacimento d´un corrispondente interesse creditorio. Pertanto, l´opponibilità ai terzi acquirenti di tali limiti va regolata secondo le norme proprie della servitù, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, indicando nella nota di trascrizione, ai sensi degli artt. 2659, primo comma, n. 2, e 2665 c.c., le specifiche clausole limitative, non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale".
Sentenza allegata