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Con la sentenza n. 918 dello scorso 27 maggio, la Commissione tributaria Regionale della Toscana, chiamata a esaminare un appello formato da oltre 202 pagine, nelle quali erano riportate una serie infinita di citazioni normative e di giurisprudenza, nonché di deduzioni la cui pertinenza rispetto all'oggetto dell'appello non risultava chiaramente individuabile, ne ha dichiarato l'inammissibilità per violazione del principio di sinteticità degli atti.
Si è, difatti, precisato che in un'ottica di economia processuale, che evidenzi i profili rilevanti ai fini della formulazione dei motivi, è necessario compiere un lavoro di sintesi e di selezione dei profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice; diversamente, ritenendo che il Giudice sia tenuto alla lettura integrale dell'atto di impugnazione per estrapolare la conoscenza del fatto sostanziale e processuale, si delegherebbe al giudicante stesso la scelta di quanto effettivamente rileva in relazione ai motivi di gravame, così costringendolo a compiere un'attività che, inerendo al contenuto dell'impugnazione quale atto di parte, è invece di competenza di quest'ultima.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dal ricorso con cui un contribuente impugnava un atto con il quale veniva invitato al pagamento del contributo unificato; la CTP respingeva il ricorso e condannava alle spese sicché il contribuente proponeva appello alla Commissione Tribunale Regionale della Toscana.
Nell'atto, di 202 pagine, l'appellante richiamava una infinita serie di massime giurisprudenziali, concludendo per la revoca della sentenza impugnata, anche per "risoluzione", poiché gli atti in materia tributaria configurano atti "con prestazioni corrispettive", nonché anche per risoluzione di ogni atto tributario anche normativo pregresso.
La Commissione non condivide la tesi del contribuente e, di contro, dichiara inammissibile il ricorso per violazione del principio di sinteticità degli atti.
In punto di diritto i Giudici ricordano come – oltre ai riferimenti normativi contenuti nel codice del processo amministrativo, ove, privilegiando la sintesi, si prescrive alle parti di redigere gli atti in maniera chiara e sintetica – la stessa Cassazione si sia più volte pronunciata sull'importanza che riveste la sommarietà della esposizione, prevista a pena di inammissibilità di un ricorso; anche le Sezioni Unite hanno sottolineato il rilievo che la sintesi va assumendo nell'ordinamento processuale, tanto da spingere il Primo Presidente della Suprema Corte ad adottare una direttiva volta ad assicurare la sinteticità dell'esposizione negli atti difensivi.
In particolare, in un'ottica di economia processuale, che evidenzi i profili rilevanti ai fini della formulazione dei motivi, è necessario compiere un lavoro di sintesi e di selezione dei profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice; diversamente, ritenendo che il Giudice sia tenuto alla lettura integrale dell'atto di impugnazione per estrapolare la conoscenza del fatto sostanziale e processuale, si delegherebbe al giudicante stesso la scelta di quanto effettivamente rileva in relazione ai motivi di gravame, così costringendolo a compiere un'attività che, inerendo al contenuto dell'impugnazione quale atto di parte, è invece di competenza di quest'ultima.
Tale orientamento, sebbene inizialmente elaborato in relazione al ricorso per cassazione, è riferibile anche all'appello, in quanto vengono fissati principi che, per il loro carattere di generalità, sono applicabili anche al processo civile e quindi, ex art. 1 del d.lgs. 546/1992, anche a quello tributario, il cui regime speciale, fissato dal successivo art. 53, si pone in coerenza con i principi stessi, stabilendo il requisito della specificità dei motivi dell'impugnazione.
La sentenza in commento evidenzia, infatti, come identica è sia la formulazione delle norme che sanciscono l'inammissibilità dei gravami (artt. 342 e 434 c.p.c. per l'appello e 366 c.p.c. per il ricorso per cassazione) sia l'esigenza di interpretazione; il principio di sinteticità è, inoltre, adeguato al principio costituzionale di ragionevole durata del processo, ex art. 111, secondo comma, Cost., che impone il corretto utilizzo delle limitate risorse giudiziarie.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Commissione osserva come il principio di sinteticità degli atti sia stato completamente violato, con conseguente inammissibilità integrale dell'appello e impossibilità per il Collegio di pronunciarsi nel merito: l'atto di appello, infatti, oltre a comporsi di oltre 202 pagine, è risultato del tutto privo di una struttura logica intellegibile, riportando per lo più una serie infinita di citazioni normative e di giurisprudenza, nonché di deduzioni la cui pertinenza rispetto all'oggetto dell'appello non risultava chiaramente individuabile.
In virtù di tanto, la Commissione dichiara inammissibile il ricorso.
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