Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Anziana muore di stenti in una RSA: condanna per l’infermiera, irrilevante l’inefficiente organizzazione della struttura

Imagoeconomica_1545624

Con la sentenza n. 16132 dello scorso 28 aprile, la IV sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la responsabilità penale di una infermiera accusata della morte di un'anziana signora ricoverata presso una RSA, respingendo la tesi della difesa che lamentava l'inadeguatezza organica della struttura per la ridotta presenza di personale rispetto al numero eccessivo e fuori regola dei ricoverati.

Si è, difatti, precisato che "come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, quale è una R.S.A., l'infermiere è ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell'obbligo di solidarietà, costituzionalmente imposto dagli artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti/degenti, la cui salute egli deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l'integrità; l'obbligo di protezione perdura per l'intero tempo del turno di lavoro".

Il caso sottoposto all'esame della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di una infermiera in servizio una RSA, imputata del reato di cui agli artt. 113 e 590 c.p. per non aver accudito con attenzione e cura una anziana di anni 89, ospite della struttura, nonché per non essersi accorta delle gravi condizioni generali di salute della donna ed per aver omesso le dovute informazioni al medico, così cagionandole lesioni personali gravi tali da esporre a pericolo la vita della paziente.

Verificatosi il decesso della donna, sia il Tribunale che Corte di Appello di Genova condannavano l'infermiera alla pena di giustizia. 

 In particolare, secondo il Collegio giudicante, la morte era stata determinata da colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, dell'infermiera: l'anziana signora, in buone condizioni di salute prima del ricovero presso la Residenza per Anziani, aveva subito un progressivo, palese, peggioramento, apparendo sempre più assente, nonché in pessime condizioni igienico-sanitarie.

Avverso la pronuncia di condanna, l'infermiera ricorreva in Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 113, 40, 41 e 590 c.p., censurando la motivazione della sentenza impugnata per non aver adeguatamente valutato le ricadute della cattiva gestione della RSA.

Secondo la difesa dell'imputata, infatti, la carenza organizzativa in cui versava la struttura costituiva un'esimente per il sanitario che si trovava ad operare in assenza di strumenti e direttive, considerato altresì che l'imputata doveva gestire, insieme a sole altre due infermiere, ben 41 pazienti.

La Cassazione non condivide la posizione della ricorrente.

La Corte premette che, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, quale è una R.S.A., l'infermiere è ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell'obbligo di solidarietà, costituzionalmente imposto dagli artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti/degenti, la cui salute egli deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l'integrità; l'obbligo di protezione perdura per l'intero tempo del turno di lavoro.

In merito all'incidenza di altre cause (quali l'inefficiente organizzazione sanitaria) nella determinazione dell'evento infausto, la Cassazione ricorda che nel caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento l'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la sentenza impugnata, dopo aver logicamente valutato il complesso degli elementi probatori acquisiti al processo, ha correttamente sancito la responsabilità penale dell'infermiera, essendo irrilevante – anche alla luce dei principi di diritto sopra enunciate - l'incidenza delle circostanze di fatto dedotta dalla ricorrente a giustificazione del proprio comportamento.

Difatti, a seguito dell'affermazione del consulente del pubblico ministero, secondo cui il quadro clinico della degente era ascrivibile alle gravi carenze gestionali della struttura, la Corte di appello ha preso in specifica considerazione il dato costituito dalle gravi carenze strutturali, ma ha ritenuto che esse non esimessero la ricorrente da responsabilità per non aver prestato la dovuta attenzione alle condizioni della anziana donna il cui progressivo degrado era tale da poter essere colto anche dai profani; inoltre, una volta acclarata la posizione di garanzia ricoperta dall'infermiera, eventuali ulteriori condotte o fattori che si erano innestate nel meccanismo causale, dovavano sono da ritenersi irrilevanti.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibili il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Spese condominiali di un appartamento ereditato: c...
Processo civile: le spese stragiudiziali possono f...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito