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Con la sentenza n. 11305 dello scorso 29 marzo, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna per il reato di adescamento di minorenni inflitta ad un settantenne per aver intrattenuto conversazioni a sfondo sessuale con una minorenne al fine di commettere atti sessuali ed acquisire materiale pedopornografico dalla medesima.
Respingendo le doglianze dell'imputato secondo cui, non essendovi stati appuntamenti né trasmissione di foto, non erano stati compiuti i reati fine, la Corte ha specificato che l'adescamento si consuma proprio perché non sono configurabili i reati sessuali più gravi indicati nell'art. 609 undecies c.p.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un uomo, accusato del delitto di cui all'articolo 609-undecies c.p. per aver adescato una minore infraquattordicenne.
In particolare, nel corso di un gioco online l'imputato, al fine di commettere atti sessuali ed acquisire materiale pedopornografico dalla minorenne, che all'epoca dei fatti aveva età inferiore ai dieci anni, intratteneva con la medesima conversazioni a sfondo sessuale, la chiamava con vezzeggiativi e la blandiva con lusinghe, chiedendole altresì di scaricare degli applicativi per la trasmissione delle foto, perché la voleva vedere nuda, cosa che la ragazzina non faceva.
Il padre della minore scopriva la chat grazie al controllo periodico del suo cellulare e subito denunciava i fatti, consentendo agli inquirenti di risalire all'imputato.
Per tali fatti, sia il Tribunale che la Corte di appello di Torino condannavano l'uomo alla pena di giustizia, con il beneficio della sospensione condizionale per il reato di adescamento di minorenni.
Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell'uomo deduceva violazione di legge, vizio di motivazione e l'inesistenza della prova delle condotte tipiche, perché non aveva usato espressioni carezzevoli o adulatorie, nonché l'inesistenza della motivazione in merito ai reati fine, in quanto non vi era stata trasmissione di foto né vi erano stati appuntamenti.
La Cassazione non condivide le doglianze mosse dal ricorrente.
La Corte premette che l'adescamento si consuma proprio perché non sono configurabili i reati sessuali più gravi indicati nell'art. 609 undecies c.p., sicché ai fini dell'integrazione del reato non è necessario che i reati fine siano stati commessi.
Con specifico riferimento al caso di specie, la sentenza in commento evidenzia come i giudici di merito abbiano puntualmente individuato i reati fine che l'uomo intendeva commettere, dagli atti sessuali all'acquisizione di materiale pedopornografico, e hanno ben delineato il dolo specifico della condotta. Di contro, gli argomenti spesi dalla difesa dell'imputato risultano essere così generici e fattuali da non disarticolare il ragionamento della sentenza impugnata.
In conclusione la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
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