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Con la sentenza in commento, la n. 33046-2018, la Corte di Cassazione ha indicato i presupposti del diritto dell'indagato ad ottenere copia dei file audio delle intercettazioni e la sua modalità di esercizio.
Nel caso di specie, a seguito di appello del pm, l'indagato si era visto applicare la misura cautelare della custodia in carcere.
Posto che tale misura era stata decisa anche in forza di intercettazioni a suo carico di cui non aveva avuto copia, chiedeva la censura della decisione della Corte di appello poichè avrebbe errato nel ritenere inammissibile l'eccezione difensiva relativa alla nullità/inutilizzabilità del contenuto delle conversazioni intercettate, derivante dal diniego di consentire all'indagato di accedere ai file audio delle captazioni.
Il ricorso viene ritenuto infondato dalla Corte.
La Corte, anzitutto, afferma il diritto dell'indagato ad accedere alla conoscenza dei file audio contenenti registrazioni di comunicazioni anche al di fuori dell'ipotesi di riesame e ciò in aperto contrasto con la motivazione del Tribunale di Milano che si era espresso sulla medesima doglianza prima di lei.
Secondo i giudici del Tribunale di Milano, infatti, il diritto dell'indagato a poter aver accesso ai supporti informatici sorge solo nel momento in cui viene emessa una misura cautelare custodiale per la quale i supporti informatici sono stati effettivamente utilizzati dal giudicante per emettere la decisione.
La Corte costituzionale è intervenuta sul punto con la declaratoria di incostituzionalità proprio dell'art. 268 c.p.c. nella parte in cui non ha previsto che il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni, comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini della decisione e dell'applicazione di una misura custodiale.
La Corte costituzionale, osserva la Cassazione, ha quindi posto come condizione per l'insorgere del diritto ad avere copia delle comunicazioni il fatto che le stesse siano state effettivamente utilizzate per l'applicazione della misura, coerentemente con la motivazione resa dal Tribunale di Milano.
Tuttavia, i giudici di legittimità ritengono anche che la decisione della Corte Costituzionale vada inquadrata nel procedimento di appello cautelare che presenta delle particolarità.
La Cassazione, infatti, aveva già avuto modo di chiarire come l'appello cautelare del pm fosse un mezzo di gravame "atipico" poiché il thema decidendum non si limita ai punti devoluti dall'impugnante, ma alla verifica dei presupposti per l'applicazione della misura.
L'accoglimento, infatti, determina l'emissione di una ordinanza impositiva.
Il tribunale, quindi, in quella veste non è solo organo di revisione critica, ma anche giudice a cui è affidato il potere – dovere di riesaminare la vicenda cautelare.
Solo il pubblico ministero, peraltro, può attivare questo secondo controllo in peius per l'indagato.
Di rimando, però, la difesa che ha interesse a contrastare il pm non ha mezzi pur avendo ottenuto dal gip una decisione favorevole.
Da ciò deriva che la legittimità del mezzo di gravame è assicurata solo dalla garanzia in favore della difesa di un contradditorio pieno in sede di appello circa l'inesistenza e le condizioni per l'applicazione della misura.
Ne consegue però che, per esercitare un diritto pieno al contraddittorio, è necessario anche che il difensore possa acquisire copia delle conversazioni intercettate poste a fondamento dell'appello.
Sotto questo profilo quindi il ricorso appare fondato.
Tuttavia circa le modalità di esercizio di tale diritto anche in caso di appello del pm, il difensore deve fare richiesta per l'accesso ai file delle conversazioni registrate e deve farlo in modo che il pm possa fornirgli i dati prima della celebrazione dell'udienza.
Nel caso di specie, invece, tale richiesta non fu formulata e da ciò è derivata l'infondatezza del motivo di ricorso.
Il difensore, infatti, si era limitato a chiedere tale accesso in udienza e a chiedere in conseguenza il rinvio della stesa.
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Sono un giovane avvocato presso il foro di Siena.
Mi sono laureata presso l'Università degli Studi di Siena nel 2015 in diritto penale amministrativo e responsabilità degli enti giuridici (d.lgs. 231/2001).
Presso lo stesso Ateneo ho conseguito il diploma presso la scuola di specializzazone per le professioni legali nell'estate del 2017.
La mia passione per i viaggi e per la tutela dei diritti, mi ha portato più volte in Africa al seguito di progetti di cooperazione internazione insiema alla mia famiglia.
Amo leggere, studiare e mi interesso di tutto ciò che può essere chiamato cultura a partire da quella classica fino alle tematiche di maggior attualità.