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Dal periodo d'imposta 2022, la controversa Imposta Regionale sulle Attività Produttive, al secolo l'IRAP, non sarà più dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali ed arti e professioni; a prevederlo è la bozza della legge di Bilancio per il 2022, grazie ad un emendamento governativo presentato in Senato.
Salvo dunque ripensamenti dell'ultima ora e, sempre possibili, modifiche durante l'iter di approvazione definitiva, viene sancita per legge la tanto auspicata esclusione dal tributo per imprenditori e professionisti che esercitano l'attività in forma individuale.
Consideriamo che fino all'anno d'imposta in corso l'esclusione dal tributo per tali soggetti è normativamente prevista soltanto se essi si avvalgono del regime forfetario ex Legge n. 190/2014 o di quello ex minimi giusto Decreto Legge n. 98/2011.
Con riferimento all'originario regime dei contribuenti minimi di cui all'art. 1 commi 96-117 della Legge n. 244/2007, la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 45/2008 aveva invitato gli uffici finanziari a non coltivare il contenzioso nei casi in cui l'artista o il professionista fosse in possesso dei relativi requisiti di accesso, a prescindere dalla circostanza che lo stesso si fosse avvalso o meno del relativo regime fiscale. Per quanto riguarda, invece, il regime forfettario, i contribuenti che ne fruiscono assoggettano il reddito conseguito ad un'imposta sostitutiva di IRPEF, IRAP e addizionali pari al 15% (o 5% se nei primi 5 ani di attività) posto che tale prelievo è sostitutivo altresì del tributo regionale, l'imposizione IRAP ne risulta, di fatto, assorbita.
Per imprenditori e professionisti che applicano, invece, un regime di determinazione del reddito "non sostitutivo", fino al 2021 l'esclusione dal tributo è subordinata all'insussistenza di un'attività autonomamente organizzata, secondo la nozione delineata nel corso degli anni dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.
Soltanto per i medici convenzionati con le strutture ospedaliere l'autonoma organizzazione si considera ex lege insussistente, con la conseguente non debenza dell'IRAP, ove percepiscano per l'attività svolta presso dette strutture più del 75% del proprio reddito complessivo.
Dal 2022 resteranno, invece, soggetti ad IRAP gli studi associati e le associazioni professionali, atteso che la giurisprudenza ha affermato che tali soggetti devono sempre il tributo, indipendentemente dalla struttura organizzativa della quale si avvalgono per l'esercizio dell'attività; infatti, in base al secondo periodo dell'art. 2 del D.Lgs. 446/97, "l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta", dovendosi, quindi, prescindere dal requisito dell'autonoma organizzazione.
La buona novella ha dunque il vantaggio di stabilire per legge una chiara e netta distinzione tra chi deve pagare – società, studi associati – e chi non deve pagare -ditte individuali e professionisti- a prescindere dalle interpretazioni della magistratura tributaria.
Ovviamente trattasi di un traguardo intermedio; il traguardo definitivo a cui si deve tendere è l'abolizione dell'Irap per tutte le aziende, individuali e societarie. Se si vuole superare questa situazione ed affrontare razionalmente la questione, bisogna porsi l'obiettivo di cambiamenti rilevanti nel nostro sistema fiscale e contributivo. Ciò significa redistribuire il prelievo e fiscalizzare buona parte dei contributi sociali previdenziali. L'ipotesi di un prelievo generalizzato su tutti i redditi prodotti (cioè sul valore aggiunto netto o lordo) appare quella più ragionevole, come ha riconosciuto anche la Commissione Europea in una sua recente comunicazione al Parlamento.
Dall'Irap all'Irap 2.0? Chi vivrà vedrà.
Meditate contribuenti, meditate.
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