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È fresco di stampa un interessante libro di Vannino Chiti, "Il destino di un'idea e il futuro della sinistra", Edizione Guerini e Associati, Milano maggio 2021, con un sottotitolo "sulle radici della diversità" che è un pezzo di memoria storica del nostro Paese.
Non nascondo che ci troviamo davanti ad un testo che potrebbe creare qualche perplessità. Ai giovani, soprattutto. Ma anche a quegli adulti che desiderano rinfrescarsi la memoria su tutto quello che è successo in Italia, ma con risvolti anche europei, sul piano politico.
Se fossi un giovane, ma, purtroppo, non lo sono accetterei la sfida di leggere questo testo, non esiterei un istante a ricorrere a tutte quelle capacità critiche, che sono innate nell'età giovanile, e inizierei a fare ordine nelle mie convinzioni, perché i giovani hanno le loro convinzioni a prescindere dai giudizi e pregiudizi, poco lusinghieri, che azzardiamo, a volte, noi adulti, per una lettura serena e istruttiva.
Sono un vecchio, lo affermo senza alcun malcelato senso della realtà, ho rispolverato le mie idee, i miei convincimenti; quei libri che non smetto mai di leggere e rileggere; ho preso atto di tutto ciò che è successo nel nostro Paese, dopo due guerre mondiali. La prima guerra mondiale ha prodotto due nuovi partiti, alcune nuove dittature in alcuni paesi europei; dopo la seconda guerra mondiale in Italia ci si confronterà con una dolorosa guerra civile, con l'occupazione delle forze germaniche; il periodo dalla ricostruzione del Paese; dal terrorismo, alla crisi degli Anni Novanta del secolo scorso che dissolve i partiti politici italiani.
Ma chi è Vannino Chiti. Possiamo leggerlo in una nota bio-bibliografico: "… studioso del movimento cattolico, vanta una lunga esperienza politica e amministrativa. Già senatore del Partito Democratico, è stato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Amato, ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali del governo Prodi, vicepresidente del Senato della Repubblica e Presidente della Regione Toscana. Attualmente è membro della commissione accademica della Scuola di formazione per il dialogo interreligioso e interculturale di Firenze e collabora con la rivista Testimonianze".
Autore di libri e saggi politici. Ha pubblicato Buon governo. Un mito? Le Regioni rosse tra leggenda e realtà (con Raffaella Della Bianca, 2015), La democrazia nel futuro (2018) e Le religioni e le sfide del Le religioni e le sfide del futuro (2019), con il quale, nel 2020, ha vinto il premio Amerigo «Le quattro libertà» per la libertà di religione.
Ed ora questo libro che rappresenta una vera e autentica sfida.
Suddiviso in quattro parti e dodici capitoli.
Le quattro parti affrontano i temi caldi di ieri e di oggi: da "La diversità dei comunisti italiani" a "I socialisti e i cattolici: dall'interlocutore unico nella DC. Al dialogo pluralista", dalla "Crisi e ricerca d'identità della sinistra oggi" alla domanda storica "Che fare?".
Nell'introduzione Vannino Chiti, accenna al Centenario della nascita del Partito Comunista d'Italia, nato dalla scissione socialista a Livorno il 21 gennaio 1921 e che nel 1943 cambierà nome in Partito Comunista Italiano.
E non nasconde che, tutto sommato, anche questo suo libro, come tanti altri apparsi quest'anno a ricordare il Centenario, affronta la storia di questo Partito.
Ma ne evidenzia, se così possiamo dire, il fatto che non è l'unico motivo perché si è deciso a pubblicarlo.
"Però l'obiettivo, nelle mie intenzioni, è quello di non circoscriverlo a questa ricorrenza. almeno per tre motivazioni che mi spingono a seguire un filo di pensiero, non cronologico ma tematico: la diversità dell'esperienza italiana da quella del resto della sinistra; l'importanza della condivisione della memoria; l'urgenza della ricostruzione di un progetto comune".
E le motivazioni di Vannino Chiti sono affidati ad interessanti strumenti bibliografici per raggiungere l'obiettivo.
Sulla questione della "diversità", in riferimento alla questione religiosa, Chiti scrive: "È rintracciabile prima di tutto nel pensiero di Gramsci e nell'originalità del suo marxismo" e lamenta che questa sensibilità sia stata sempre trascurata dalla "sinistra italiana ed europea". E ricordiamo al lettore che durante la Costituente Italiana, quando si affrontarono i rapporti tra Stato e Chiesa, da inserire nell' articolo 7 della Costituzione, mentre il Partito Comunista italiano l'ha approvato, i socialisti votarono contro.
Dopo un accenno ai disastri provocati dal liberismo e dalla globalizzazione è pienamente convinto della necessità di una Memoria condivisa, capace di "Affrontare questo tornante della storia, che apre la via a una nuova epoca, senza una memoria condivisa del nostro passato accresce le fragilità, amplia le divisioni e impoverisce il contributo dell'Italia alla realizzazione di una democrazia europea. Senza la realizzazione di una democrazia federale il vecchio continente sarebbe destinato a un'inarrestabile decadenza e il mondo avrebbe una minore opportunità di evitare precipizi ecologici e militari".
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.