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Siamo convinti che oggi, parlare di numeri, non è di moda. Anzi! tutt'altro!
E' sufficiente riflettere su tutto ciò che è capitato a chi ha cercato di appoggiare sui numeri le argomentazioni delle proprie ricerche, delle proprie strategie, del proprio lavoro, anche in Enti istituzionali, per tenersi alla allarga dai numeri.
E' successo, soprattutto, in Italia. Ma non solo.
Ma dobbiamo veramente rassegnarci a questa "nuova moda"? Dobbiamo veramente diffidare di chi ci avverte che i numeri vanno in senso contrario ai nostri convincimenti? Alle nostre opinioni? Alle nostre incaute promesse?
Dal 22 al 25 gennaio scorsi, si è tenuto a Davos, in Canton Grigioni (Svizzera), località turistica per portafogli "gonfi", la 49essima edizione del World Economic Forum (Wef). Si tratta di uno degli appuntamenti di politica economica più importante dell'ultimo cinquantennìo.
Il Wef! Ha una lunga storia, originariamente, è nato, nel 1971, come un incontro accademico, organizzato dal prof. Klaus Schwab, di origine tedesca e insegnante all'università di Ginevra.
Dopo un'esperienza all'università di Harvad, il prof. Schwab rientra in Svizzera e organizza una conferenza con il mondo accademico europeo affinché si riflettesse sulla sua nuova esperienza maturata nell'università americana, "… nei sistemi di gestione degli Stati Uniti d'America".
Il prof. Schwab aveva invitato 450 persone.
Ma a partire 1974 l'invito viene esteso ai Capi di Stato, agli economisti, agli industriali e ai politici provenienti da tutto il mondo, fino a raggiungere le 3000 presenze di oggi.
E dal 1987 quella Conferenza iniziale diventa Il World Economic Forum.
Oltre cinque mila gli uomini che vengono impiegati dalla Svizzera per garantire la sicurezza dei Capi di Stato e di Governo presenti all'appuntamento annuale.
Ogni anno si sceglie rigorosamente l'argomento da affrontare durante le discussioni.
Quest'anno l'argomento principale è stata "Globalizzazione e l'industria 4.0.".
Risulta evidente che il Wef ha rappresentato, negli anni, una cassa di grande risonanza mediatica, e non solo, per sponsorizzare la globalizzazione, che avrebbe dovuto attenuare le differenze economiche tra i ricchi e i poveri del mondo.
Ma tutti siamo a conoscenza che proprio così non è stato. Tutt'altro!
Anche quest'anno la globalizzazione è stata presente durante lo svolgersi di questo appuntamento annuale e associato, appunto, all' "Industria 4.0". Un argomento di cui si era discusso già tre anni fa al Wef del 2016.
Cosa si intende per "Industria 4.0". Gli esperti per spiegare il fenomeno hanno coniato la formula di una "... connessione tra sistemi fisici e digitali, analisi complesse attraverso Big Data e adattamenti real-time".
In Europa è stata la Germania, per prima, a riflettere e ad adoperare questi concetti. Tanto che si è subito gridato alla "quarta rivoluzione industriale" dopo quella dovuta alla scoperta della macchina a vapore, di fine 1700, a quella dovuta all'uso dell'elettricità di fine 1800 e quella informatica degli anni Settanta del secolo scorso.
Il Wef 2019 si è occupato anche della valutazione di probabili ripercussioni sociali.
Nella presentazione dei lavori è stato specificato che le "… stanno coinvolgendo i singoli individui, i governi e le aziende: sono cambiamenti che riguardano tutti, coinvolgono il mondo in generale. Ci stiamo rapidamente avvicinando a una nuova fase di cooperazione globale: Globalizzazione 4.0".
Qualche giorno prima dell'inizio dei lavori del Wef l'Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief ) è un' Ong, tanto vituperate in questi ultimi mesi, che raggruppa"… una confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo. Ne fanno parte 18 organizzazioni di Paesi diversi che collaborano con quasi 3.000 partner locali in oltre 90 nazioni per individuare soluzioni durature alla povertà e all'ingiustizia", denuncia che le "disuguaglianze nel mondo sono in crescita" e che "oggi sono 26 i multimiliardari che posseggono la ricchezza della metà più povera del globo".
Un impoverimento in atto da qualche decennio.
Un impoverimento che nella storia trova una inqualificabile costante di essere sempre in balìa di chi non intende concedere spazi virtuosi agli ultimi del mondo.
E sono proprio questi i Convegni dove si studiano le strategie, non per un'equa ripartizione dei redditi, ma per incrementare le disuguaglianze.
Da che mondo è mondo.
Senza scadere in retro pensieri poco simpatici, ma ci saranno motivi, oltre quelli ufficiali, se a Davos quest'anno mancavano i grandi leader politici.
Da Donald Trump, a causa dello "shutdown", la chiusura delle attività governative; a Emmanuel Macron, alle prese con "i gilè gialli"; a Theresa May, boccheggiante, politicamente, alla ricerca affannosa di una via d'uscita del suo Paese dalla Comunità Europea; a Xi Jinping, primo presidente cinese che lo scorso anno salì agli onori della cronaca.
Ma c'era il nostro presidente del consiglio, l'avvocato del Popolo italiano, che si è distinto per il famoso "fuori onda" con Angela Merkel che ha allietato le cancellerie europee
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Rosario Antonio Rizzo
Dopo il conseguimento del diploma di insegnante di scuola elementare all’Istituto magistrale “Giuseppe Mazzini” di Vittoria, 1962, si reca in Svizzera, dove insegna, dal 1964 al 1975, in una scuola elementare del Canton Ticino.
Dal 1975 al 1999 insegna in una scuola media, sempre nel Canton Ticino e, in corso di insegnamento dal 1975 al 1977 presso l’Università di Pavia, acquisisce un titolo svizzero, “Maestro di scuola maggiore” per l’insegnamento alla scuola media. Vive tra Niscemi e il Canton Ticino. Ha collaborato a: “Libera Stampa”, quotidiano del Partito socialista ticinese; “Verifiche” bimensile ticinese di scuola cultura e società”; “Avvenire dei lavoratori”; “Storia della Svizzera per l’emigrazione”“Edilizia svizzera”. In Italia: “Critica sociale”; “Avanti”; Annali” del Centro Studi Feliciano Rossitto; “Pagine del Sud”; “Colapesce”; “Archivio Nisseno”.