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Collaboratrice fa causa a legale, Cassazione rigetta ricorso: ecco perchè

Su una delicata questione relativa ad un licenziamento oralmente intimato si è espressa la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 15991/16, depositata il 1° agosto.
La Corte d´appello di Brescia riformava la decisione del Tribunale di Bergamo rigettando la domanda proposta dall´appellante nei confronti di un avvocato, avente ad oggetto, previo accertamento della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato, la declaratoria di nullità del licenziamento orale intimatole dalla medesima e non impugnato in via stragiudiziale a differenza di altro, comunicatole sempre oralmente il giorno precedente, tuttavia, non dedotto in giudizio.
La decisione della Corte territoriale discendeva dall´aver questa ritenuto erroneo l´accertamento incidentale della natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti, non essendo stato ritenuto provato l´elemento dell´eterodirezione della prestazione lavorativa e perciò insussistente "l´indefettibile presupposto dell´azione di impugnativa del licenziamento".
L´appellante proponeva dunque ricorso per cassazione sulla base di 3 motivi.
Con il primo motivo, la ricorrente lamentava alla Corte di aver omesso di trarre da tale qualificazione le dovute conseguenze giuridiche attinenti alla conversione della collaborazione non instaurata a progetto in rapporto di lavoro subordinato.
Sul motivo in questione, i Supremi Giudici hanno rilevato da subito l´inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non avendo la ricorrente neppure indicato la collocazione in atti della domanda relativa alla conversione in rapporto di lavoro subordinato della relazione di lavoro qualificabile come collaborazione coordinata e continuativa illegittimamente instaurata in difetto del progetto (domanda tra l´altra proposta in sede errata).
Il secondo motivo, intitolato alla violazione e falsa applicazione dell´art. 2094 c.c., era inteso a censurare il giudizio qualificatorio espresso dalla Corte territoriale, inficiato, a detta della ricorrente, dall´aver la Corte medesima erroneamente valutato i c.d. indici sintomatici della subordinazione.
La medesima censura era altresì svolta nel terzo motivo sotto il profilo dell´omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, dato dall´attestazione, emergente dalla documentazione in atti, dello svolgimento di un´attività di lavoro impiegatizio con piena inserzione nell´organizzazione dello studio legale dell´avv. C., retribuzione commisurata al tempo di lavoro e soggezione alle direttive della medesima, tanto da indurre la stessa titolare a proporle l´assunzione, in significativa consonanza con la formalizzazione del rapporto con altra impiegata.
La Suprema Corte ha rilevato l´infondatezza anche di tali ulteriori motivi, seguendo un consolidato orientamento, essendo stata fatta, a dire dei Giudici del "Palazzaccio", un´opportuna valutazione in ordine agli elementi "sintomatici" del rapporto di lavoro ed in merito agli elementi fattuali utili per la valutazione oggettiva dei fatti.
La Corte ha pertanto rigettato il ricorso.
Sentenza qui allegata

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