, autorizzate in un procedimento a carico di un soggetto indagato per la violazione dell´art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, per avere sottratto al pagamento delle imposte sul reddito e sul valore aggiunti la somma di 2 milioni di euro.
I Fatti
Con propria ordinanza, il Tribunale di Milano respingeva la richiesta di riesame formulata dalla difesa dell´indagato avverso il decreto di sequestro preventivo emesso, sino alla concorrenza della somma di Euro 1.293.170,00, dei beni, mobili ed immobili, intestati allo stesso.
Secondo la difesa dell´indagato la omessa dichiarazione di beni da lui detenuti all´estero in sede di dichiarazione dei redditi, costituirebbe mero illecito amministrativo e non integrerebbe gli estremi del reato contestato. Il Tribunale invece qualificava la condotta dell´indagato come compimento di atti fraudolenti per rendere inefficace la riscossione coattiva.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l´indagato, assistito dai propri difensori di fiducia, articolando tre motivi di impugnazione.
Con i primi due motivi denunciava la qualificazione giuridica della contestazione individuata a carico del ricorrente, mentre col terzo motivo di impugnazione il ricorrente lamentava la violazione dell´art. 271 c.p.p., commi 1 e 2, in quanto le prove acquisite a suo carico erano il frutto delle intercettazioni telefoniche realizzate sulla utenza in uso al suo commercialista.
Ragioni della decisione
I giudici della Corte hanno ritenuto i motivi proposti col ricorso assolutamente infondati.
Più precisamente, con riferimento al terzo motivo, per quanto qui di interesse, i giudici della Terza Sezione hanno rilevato che, sebbene l´art. 271 c.p.p., comma 2, preveda espressamente, fra i divieti di utilizzazione, delle intercettazioni quello riguardante le conversazioni o comunicazioni delle persone di cui all´art. 200 c.p.p., comma 1, tale disposizione deve essere intesa, nel senso che il divieto in questione è posto a tutela dei soggetti indicati nell´art. 200 c.p.p., comma 1, e dell´esercizio della loro funzione professionale.
"Ne consegue che detto divieto sussiste ed è operativo quando le conversazioni o le comunicazioni intercettate siano pertinenti all´attività professionale svolta dai soggetti indicati nell´art. 200 c.p.p., comma 1, e riguardino, di conseguenza, fatti conosciuti in ragione della professione da questi esercitata (Corte di cassazione, Sezione 5^ penale, 19 aprile 2013, n. 17979).
Detto divieto non opera quando le conversazioni o le comunicazioni intercettate non siano pertinenti all´attività professionale svolta dalle persone indicate nell´art. 200 c.p.p., comma 1, e non riguardino di conseguenza fatti conosciuti per ragione della professione (Corte di cassazione, Sezione 6^ penale, 5 maggio 2015, n. 18638; idem Sezione 6^ penale, 18 gennaio 2008, n. 2951).
Nel caso di specie le intercettazioni non riguardavano l´attività professionale svolta dal commercialista dell´indagato e avevano ad oggetto un´attività in sè illecita, pertanto i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso proposto
Si allega sentenza