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Una giovane madre sottratta per sempre all'amore dei figli

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 Da qualunque angolazione volesse valutare la questione, si rendeva conto di essere ormai completamente sprofondata in quella densa e maleodorante melma criminogena, dai cui schizzi aveva sempre cercato di restare indenne.

Ciò che la angustiava maggiormente era il fatto di essere co­stretta – quel termine a dire il vero la stomacava, perché nessuno l'aveva costretta a fare nulla – a tradire quella povera giovane, pro­babile vittima di un errore compiuto da quei medici che avreb­bero invece dovuto proteggerla e restituirla incolume all'affetto della famiglia.

Si sentiva anche lei complice in qualche modo di quel disgra­ziato omicidio, senz'altro involontario, eppure sempre disgraziato e, soprattutto, sempre omicidio.

 Una giovane madre era stata sottratta per sempre all'amore dei figli e lei, la dottoressa Sonia Rivoli, una rappresentante dello Stato, lei che era stata delegata dalle istituzioni a tutelare i citta­dini, proprio lei stava per privare il marito, i figli e tutte le altre persone che avevano voluto bene a quella sfortunata creatura della possibilità di ottenere giustizia di fronte a un tribunale.

Senza contare che un eventuale proscioglimento dei medici in sede penale avrebbe comportato delle difficoltà molto maggiori per i familiari della vittima anche nell'ottenere un risarcimento in sede civile.

Un'altra conseguenza tanto terribile quanto inevitabile dell'azione che si stava apprestando a compiere, anzi del reato che stava per commettere.

Sonia continuava a girare e rigirare tra le mani i quattro fogli che aveva appena prelevato dalla documentazione medica del fa­scicolo procedimentale, che finora nessuno tranne lei aveva po­tuto visionare e che, tra circa un'ora, avrebbe consegnato ai due consulenti tecnici che si accingeva a nominare.

Due di quei fogli erano moduli prestampati, successivamente completati con annotazioni a penna e sottoscritti dall'operatore, gli altri due erano tabulati provenienti da una stampante.

Sotto l'intestazione "Ospedale San Carlo di Nancy" e più sotto "Servizio di Immunoematologia Centro Trasfusionale", quei quattro fogli recavano la dicitura "Distinta di consegna".

La data era quella del 6 ottobre, il giorno della morte di Bar­bara Santilli.

A preoccupare il pubblico ministero erano gli orari che vi apparivano scritti sopra.

Incaricare due consulenti tecnici compiacenti sarebbe stata già un'azione disdicevole e indegna, oscena a dire il vero. Alterare per soppressione un fascicolo, per giunta ai danni della vittima e in favore degli indagati, era un'azione ai limiti del mostruoso.

Esattamente questo era ciò che Sonia pensava in quel preciso momento. Per amore, nonché per saldare un debito inestinguibi­le, continuava a ripetersi, stava rinunciando coscientemente alla sua dignità di donna e di magistrato.

Guardò i quattro fogli per l'ultima volta, poi, dopo un attimo d'esitazione, cominciò a strapparli, fino a ridurli in tanti minu­scoli brandelli di carta, infine li gettò nel cestino dei rifiuti sotto la sua scrivania, già per metà pieno di cartacce.

Prese la penna e cominciò a contrassegnare tutti i fogli del fascicolo con un numero progressivo in alto a sinistra e con la sua sigla in calce.

Infine redasse la scheda-indice e la posizionò all'inizio della pila dei fogli numerati, subito prima della pagina numero uno.

 Adesso il fascicolo procedimentale sulla morte di Barbara Santilli era finalmente pronto e la parte relativa alla cartella clini­ca e al resto della documentazione medica sarebbe stata conse­gnata ai consulenti tecnici tra meno di un'ora.

Si trattava di un fascicolo dolosamente amputato di una sua parte, tanto piccola quanto essenziale.

Ma questo, per il momento, poteva saperlo soltanto lei.

 

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