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Il caso Vannini è esploso.
Per paradosso siamo tutti più concentrati sulla frase del Presidente anziché sulla effettiva sostanza del processo. Il Presidente regge l'udienza senza formalità, da solo. E senza cadute di stile umane e procedurali. Pronunciare una frase del genere significa aver rivelato una fragilità emotiva profonda, che non si addice ad un magistrato di quel livello.
Se fossi un esperto di musica direi che ha sbagliato l'intonazione, il timbro e il tempo.
Ha inferto un danno terribile alla magistratura ma soprattutto alla percezione che le persone hanno dei giudici.
Quando un giudice legge un dispositivo è lo Stato. E' lo Stato che legge.
Non è la persona in carne ed ossa che sta sotto la toga.
Lo Stato può essere potere bruto ma non brutale.
Ci vuole classe e ci vuole rispetto.
Se condanni un uomo per un delitto, è lo Stato a condannarlo. Va bene. Non discutiamo.
Ma le sentenze si leggono e se non vengono lette per il clamore dell'aula si chiamano i carabinieri. Non si pronunciano pessime frasi offensive anche per l'umanità delle parti private.
Mi offende – di questa vicenda – la mancanza di contestualizzazione del cuore. La legge è legge e il cuore non c'entra.
Ma siete stupidi ?
La sentenza ormai c'era, stava per esserne terminata la lettura, che bisogno c'era di aggiungere del sale a delle ferite già così divaricate ?
A una madre che perde il figlio anche in aula le dite che la denunciate non con le forme e i crismi che si aspetterebbe da un giudice, ma in modo sferzante, pungente, minaccioso?
Davvero, non ci sto capendo più un cazzo.
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