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La mia carriera non è stata sempre in discesa, anzi in salita

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La mia carriera non è stata sempre in discesa. Anzi, se ci penso bene, mi sembra di non avere mai smesso di salire, di arrancare verso qualche cima sconosciuta, il cui picco ancora non riesco a intravedere.

Appena laureato, sono entrato a lavorare nello studio dell'avvocato Giancarlo Ferrari. Nessuna parentela con quelli di Maranello.

Beh, a dire il vero l'avvocato Ferrari ce l'aveva una caratteristica in comune con i bolidi rossi: la velocità. Era impressionante per la velocità che dimostrava nell'intascarsi i soldi che i clienti gli mettevano davanti. Alle volte, non avevano nemmeno finito di posarli sulla sua scrivania, che lui li aveva già fatti sparire.

Spesso ho pensato che, in qualche vita precedente, avesse fatto il mago, anche se, a essere proprio sincero, molto più spesso ho pensato che più che un mago fosse stato un principe. Degli stronzi. Soprattutto perché di tutti quei soldi non vedevo mai un centesimo, nonostante il più delle volte fossi io a svolgere la gran parte del lavoro.

Comunque, poco male, perché la mia collaborazione con l'avvocato Ferrari è durata pochissimo, appena lo spazio di un paio di mesi. Giusto il tempo di capire che rimanendo lì dentro non avrei imparato niente. Insomma, avrei fatto sicuramente la fine del povero Barrichello.

Poi ho avuto un colpo di fortuna e, tramite una raccomandazione di quarto grado, un'amica di un'amica di un'amica di mia madre, sono entrato nello studio dell'avvocato Emiliano Benelli, un vero e proprio principe del Foro.

Da lui, in oltre dieci anni di collaborazione, ho imparato tutto, tranne come fare a sembrare umano. L'avvocato Benelli è un uomo d'intelligenza e capacità straordinarie, e non nascondo che, in caso di bisogno, mi rivolgerei a lui senza pensarci un attimo per farmi difendere, ma, quanto a calore umano, almeno nei miei confronti, è meglio sospendere il giudizio.

A un certo punto, infine, è arrivato per me il fatidico momento di mettermi in proprio, di fare il grande salto nel buio. E così, ho attrezzato un bello studiolo, piccolo ma efficiente, e ho cominciato a fare l'avvocato per conto mio. 

 L'avventura però è durata poco, perché presto sono stato colto da una noia mortale per tutto ciò che facevo, da un'insofferenza indicibile rispetto a tutto quello che era la mia professione.

In più, avevo l'impressione di non riuscire a sopportare il peso delle responsabilità che una difesa penale inevitabilmente comporta, l'ansia e la paura costanti di deludere le aspettative del cliente.

Così sono scappato. Come un vigliacco. Ho lasciato baracca e burattini, abbandonando la mia città, il mio lavoro, la mia famiglia e le persone cui volevo più bene. Senza nemmeno fornire troppe spiegazioni, come se fosse possibile dimenticare tutto semplicemente spingendo un interruttore.

Sono partito da Roma e mi sono trasferito in un minuscolo paesino della costa sassarese, dove vivevo di niente e senza praticamente fare niente, circondato da uno steccato di false sicurezze.

Mi sentivo come un pensionato di nemmeno quarant'anni. Non so bene nemmeno io cosa sperassi di ottenere.

 Ma un caldissimo giorno di luglio, mentre mi crogiolavo nel mio volontario immobilismo, il caso ha voluto che fossi praticamente costretto a guardare in faccia le mie paure e ad affrontarle senza inutili vittimismi.

Sono stato obbligato a vestire di nuovo la toga.

Ho dovuto quindi rifare il percorso inverso. Sono tornato a Roma, ho ricucito pazientemente i rapporti allentati, mai perduti del tutto, con le persone che amavo e ho ripreso a fare l'avvocato. Ho ripreso a tessere strategie difensive, a prendere decisioni che avrebbero potuto condizionare per sempre il destino di una persona.

Da quel momento sono passati quasi tre anni. La paura non mi ha abbandonato, tutt'altro.

Ho avuto la fortuna di ricominciare la professione senza essere lasciato da solo. Filippo, il mio migliore amico nonché il migliore avvocato che abbia mai conosciuto, nel difficilissimo momento del ritorno all'attività, non mi ha chiuso la porta in faccia. Ne è nata una collaborazione inaspettata, ma quanto mai proficua.

E adesso abbiamo uno studio legale insieme: lo studio degli avvocati Filippo Dionisi e Alessandro Gordiani. La collaborazione sembra funzionare bene, dato che io e Filippo siamo praticamente complementari e il lavoro per fortuna non manca.

Certo, ogni tanto vengo ancora assalito dalla tentazione di scappare di nuovo a gambe levate, per andarmi a rintanare in qualche buco sperduto del mondo, ma sono soltanto momenti e poi tutto sembra rientrare nella normalità.

Speriamo che duri.

E poi c'è Chiara, che non mi perdonerebbe mai un'altra fuga.

 

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