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I giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenzan. 39486 del 3 settembre 2018 hanno chiarito e stabilito i confini del diritto di critica che chiunque in ossequio all'art. 21 della Costituzione può esercitare e quando invece il superamento di detti confini in tegra il reato di diffamazione
Nel caso specifico si trattava di un esposto diretto ad un Consiglio dell'Ordine Forense il quale l'imputato si era liberamente sbizzarrito ad offendere l'operato professionale di un avvocato utilizzando tra l'altro l'epiteto "Sua Falsità" ed altre espressioni offensive della dignità personale e professionale dell'avvocato.
I Fatti
La Corte di appello di Roma aveva confermato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva assolto l'imputato dall'accusa per il reato ascrittogli di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 167, e lo aveva dichiarato colpevole del reato di diffamazione ex art. 595 c.p., commi 1 e 2,), e l'aveva perciò condannato alla pena di Euro 1.500,00, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, con provvisionale fissata in Euro 3.500,00 e al pagamento delle spese processuali.
L'imputato era stato accusato di aver offeso, con un esposto diretto al Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma, la reputazione dell' l'avv. XXXXXX. apostrofandolo "sua falsità", dichiarando ripetutamente che aveva mentito con finalità ingannatorie e aveva istruito centinaia di cause basate sul mendacio e indicandolo come responsabile dei reati di frode processuale e falso ideologico.
Tramite il proprio difensore l'imputato proponeva ricorso per cassazione deducendo diversi motivi.
Con il primo motivo Il ricorrente lamentava la violazione della legge penale in relazione all'art. 595 c.p., e vizio di motivazione sostenendo che le denigrazioni non erano rivolte all'avvocato in quanto persona e professionista e non riguardano fatti ma mere deduzioni ed interpretazioni tecnico giuridiche delle posizioni prospettate. La motivazione della sentenza impugnata non era assolutamente adeguata in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.
Sosteneva inoltre che l'esposto era diretto al Consiglio dell'Ordine e non a più persone, e quindi mancava la volontà del ricorrente di voler diffondere lo scritto.
Con il secondo motivo, proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), il ricorrente lamentava la violazione della legge penale in relazione all'art. 21 Cost., e art. 51 c.p., e vizio di motivazione, quanto al mancato riconoscimento del diritto di critica.
Con il terzo motivo, proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), il ricorrente lamentava la violazione della legge penale in relazione all'art. 598 c.p., e vizio di motivazione, quanto al mancato riconoscimento dell'esimente, pacificamente applicabile alle offese contenute in scritti presentati in sede disciplinare al Consiglio di un Ordine professionale.
Con il quarto motivo, proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), il ricorrente lamentava la violazione della legge penale in relazione all'art. 599 c.p., comma 2, e vizio di motivazione, quanto al mancato riconoscimento dell'esimente della provocazione.
Con i rimanenti motivi sollevava altri profili.
Motivazione
I giudici della Quinta Sezione Penale hanno ritenuto infondato il ricorso che è stato pertanto rigettato.
Innanzitutto la Corte ha osservato come il Consiglio dell'Ordine professionale sia un organo collegiale composto da più soggetti e che quindi, ai fini della diffusione, il requisito della pluralità dei destinatari fosse intrinsecamente soddisfatto dalla sola circostanza che l'esposto fosse stato indirizzato a tale organo.
In ordine alle contestazioni prospettate dal ricorrente con l'atto di impugnazione, in ordine alla presenza dell'elemento soggettivo, la Corte ha fatto evidenziareche i giudici di merito avevano ben valutato le espressioni gravemente offensive e gratuitamente diffamatorie presenti nell'esposto qualificandole "incontinenti e trasmodanti in mera aggressione verbale" arrivando alla conclusione che l'imputato si fosse reso perfettamente conto "dell'intrinseca offensività delle espressioni utilizzate".
Con riferimento alla invocata applicazione, da parte del ricorrente della previsione di cui all'art. 51 c.p. (esercizio del c.d. diritto di critica), i giudici di legittimità, richiamando l'orientamento già espresso con la Sez. V, n. 42576 del 20.07.2016, come non abbia rilevanza, ai fini della integrazione del reato di diffamazione la condotta di colui che "invii un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un legale, considerato che, in tal caso ricorre la generale causa di giustificazione di cui all' art. 51 cod. pen. sub specie di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche, per il quale valgono i limiti ad esso connaturati occorrendo, in primo luogo, che le accuse abbiano un fondamento o, almeno che l'accusatore sia fermamente convinto e incolpevolmente (ancorché erroneamente) convinto di quanto afferma".
Nel caso di specie, fa rilevare la Corte di legittimità l'imputato ha travalicato i confini dell'esercizio del diritto di critica tutelato a livello costituzionale ex art. 21 Cost. in quanto ha inviato un esposto "gratuitamente denigratorio ad un Ordine professionale".
I giudici della Quinta Sezione hanno affrontato la questione controversa a livello giurisprudenziale, relativa l'applicabilità al caso dell'esposto presentato ad un Ordine professionale della causa di non punibilità disciplinata all'art. 598 c.p.. Gli stessi, aderendo all'indirizzo "numericamente prevalente", Sez. V, n. 24003 del 29.04.2010) hanno affermato che per potere operare l'esimente citata, occorre che l'autore dello scritto difensivo, sia parte in senso tecnico nel procedimento (amministrativo, disciplinare ). Colui che presenta un esposto disciplinare ad un Ordine professionale sollecita l'esercizio di una potestà pubblicistica …. e non è legittimato dalla tutela di una sua specifica posizione soggettiva non può quindi essere considerato contraddittore in seno al procedimento"., Sez. V, n. 33453 dell'8.07.2008 ).
In sostanza la Corte ha voluto ribadire che l'esercizio del diritto di critica che trova il fondamento di della sua legittimazione nell'art. 21 della Costituzione debba trovare un insormontabile confine quando si manifesti come una gratuita denigrazione della figura professionale altrui.
Per tali ragioni e per le altre indicate nella sentenza in commento che si allega il ricorso è stato rigettato.
Si allega sentenza
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L´Avv. Giovanni Di Martino, coordinatore dello Studio insieme all´Avv. Pietro Gurrieri, nel 1986 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l´Università degli Studi di Catania. Da oltre 25 anni esercita la professione di avvocato con studio in Niscemi (CL) ed è iscritto all´Albo degli avvocati del Consiglio dell´Ordine di Gela oltre che in quello speciale dei Cassazionisti e in quello delle altre Giurisdizioni Superiori.
Ha ricoperto la carica di amministratore del Comune di Niscemi (CL) e quella di Vice Presidente Nazionale della Associazione "Avviso Pubblico Enti Locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie" (2007-2013),
Nel corso della sua carriera professionale ha assunto il patrocinio in favore di numerosi soggetti privati ed enti pubblici sia in sede giudiziaria ed extragiudiziaria, in diverse materie di diritto civile.